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Impianti di produzione di energia rinnovabile

Pubblico
Lunedì, 15 Novembre, 2021 - 11:45

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 7384 del 5 novembre 2021, sugli impianti di produzione di energia rinnovabile

MASSIMA

I provvedimenti che concernono la realizzazione di impianti da energie rinnovabili ex art. 12, d.lgs. n. 387 del 2003 sono attratti alla disciplina di cui all’art. 20, l. n. 241 del 1990, con la conseguenza che, ai fini dell’autorizzazione, è sempre richiesta l’adozione di un provvedimento espresso, non potendo trovare applicazione l’istituto del silenzio assenso.

SENTENZA

  N. 07384/2021REG.PROV.COLL.

N. 03962/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3962 del 2017, proposto dalla società agricola Piano Majano s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Marco Masi, domiciliato presso la Segreteria della Sezione IV del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;

contro

Il comune di Cesena, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Benedetto Ghezzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna (sezione prima) n. 920 dell’8 novembre 2016, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del comune di Cesena;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2021 il consigliere Alessandro Verrico;

Viste le istanze di passaggio in decisione depositate in data 12 ottobre 2021 dall’avvocato Marco Masi e dall’avvocato Benedetto Ghezzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto la determinazione del comune di Cesena del 31 gennaio 2011 recante il diniego del permesso di costruire un impianto fotovoltaico in zona agricola opposto alla società agricola Piano Majano s.r.l.

2. In particolare, il Collegio in punto di fatto osserva che:

i) in data 8 febbraio 2010 il signor Stefano Pieri presentava al comune di Cesena domanda di rilascio di permesso di costruire (p.g.n. 6803/2010, Prat-21-2010) per l’installazione di pannelli fotovoltaici di potenza pari a kw 999,60, ai sensi dell’art. 13 l.r. Emilia Romagna n. 31 del 2002, da realizzarsi su un’area classificata agricola; in data 12 marzo 2010 il comune di Cesena, nel comunicare l’avvio del procedimento amministrativo, richiedeva all’istante un’integrazione documentale;

ii) in data 12 aprile 2010 il signor Pieri presentava una seconda istanza di permesso di costruire per la realizzazione di una serra agricola con sovrastante impianto fotovoltaico della potenza di 99 kw; in data 29 aprile 2010 il comune di Cesena, tramite la comunicazione di avvio del procedimento, chiedeva all’istante un’integrazione documentale;

iii) in data 8 settembre 2010 la società agricola Piano Majano acquistava dal signor Pieri il diritto di superficie relativo all’area agricola sulla quale sarebbe dovuto sorgere l’impianto fotovoltaico oggetto della domanda di permesso di costruire p.g.n. 6803/2010 prat-21-2010 e provvedeva a comunicare tale variazione al comune;

iv) rispettivamente in data 1° agosto 2010 e 1° ottobre 2010, la società stipulava due contratti d’affitto al fine di acquisire la disponibilità di complessivi 91 ettari di terreno agricolo in zone limitrofe, ma non confinanti con l’area su cui intendeva realizzare l’impianto;

v) in data 11 ottobre 2010 il comune di Cesena comunicava l’improcedibilità della domanda presentata, per trasferimento della competenza al rilascio del titolo autorizzativo in capo alla provincia, a seguito dell’entrata in vigore del d.m. 6 agosto 2010 del Ministero dello sviluppo economico, e, pertanto, in data 12 ottobre 2010 trasmetteva la pratica alla provincia di Forlì - Cesena; in data 25 ottobre 2010 la provincia di Forlì - Cesena provvedeva a restituire la pratica all’Amministrazione comunale;

vi) in risposta alla richiesta di integrazione documentale del 12 marzo 2010, la società inviava molteplici comunicazioni in data 8 aprile 2010, 28 aprile 2010 (parere AUSL sulla prevista cabina elettrica di trasformazione), 15 settembre 2010 (certificato IATP di Pieri Stefano; richiesta cambio di intestazione della pratica da Pieri Stefano alla società Piano Majano s.r.l.; preventivo di connessione Enel e allegati; atto notarile; due contratti di affitto in forma di scrittura privata non registrata) e 14 ottobre 2010 (due contratti di affitto di fondi rustici, registrati);

vii) in risposta alla richiesta di integrazione documentale del 29 aprile 2010, la società inviava molteplici comunicazioni in data 27 maggio 2010, 2 agosto 2010 e 14 ottobre 2010;

viii) in data 25 novembre 2010 la società Piano Majano diffidava il comune di Cesena a rilasciare un espresso titolo autorizzativo, ritenendo ormai formatosi il silenzio sulla domanda per decorrenza del termine di legge;

ix) in data 7 dicembre 2010 il comune di Cesena inviava il preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis l. n. 241 del 1990, a mezzo del quale, oltre a ritenere non formatosi il silenzio assenso, considerava condizioni ostative all’accoglimento della domanda:

- il superamento della soglia di 1 Mw di potenza complessiva dell’impianto, da autorizzare mediante il diverso procedimento di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, ritenendo che l’impianto proposto dalla società agricola (di potenza pari a 999,60 kw), dovesse essere considerato unitamente all’impianto richiesto dal signor Pieri (di potenza pari a 99,00 kw);

- la localizzazione dell’impianto in contrasto con l’art. 17, comma 7, del PTCP della provincia di Forlì-Cesena, che consentiva nell’area, secondo l’interpretazione ritraibile dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 32/E 2009 e dalla nota prot. n. 3896 del 27 luglio 2008 del Ministero delle politiche agricole e forestali, solo la realizzazione di impianti di produzione di energia idroelettrica e, in ogni caso, di impianti funzionali alla produzione agricola;

x) in data 23 dicembre 2010 la società presentava le proprie osservazioni, dando atto - solo in questa occasione - della rinuncia presentata in data 12 aprile 2010 dal signor Pieri rispetto alla seconda istanza di autorizzazione per l’installazione dell’impianto contiguo;

xi) in data 31 gennaio 2011 il comune di Cesena adottava infine il provvedimento di diniego del permesso di costruire p.g.n. 6803/2010, con cui, premessa la presa d’atto della rinuncia alla seconda autorizzazione, respingeva l’istanza di permesso di costruire in ragione del contrasto con l’art. 17 del PTCP della provincia di Forlì-Cesena.

3. Con ricorso dinanzi al T.a.r. per l’Emilia Romagna (r.g. n. 515/2011), la società agricola Piano Majano s.r.l. ha chiesto l’annullamento del diniego, sulla base di nove autonomi motivi di ricorso, e la condanna del comune di Cesena al risarcimento dei danni.

4. Il T.a.r. per l’Emilia Romagna, sez. I, con la sentenza n. 920 dell’8 novembre 2016, dopo aver disposto consulenza tecnica d’ufficio per la quantificazione del danno, ha respinto il ricorso e ha compensato le spese di giudizio tra le parti, incluse quelle relative alla c.t.u.

Il Tribunale, in particolare:

a) ha respinto i primi due motivi incentrati sulla intervenuta formazione del silenzio assenso e sulla tardività della risposta del comune;

b) senza previamente sottoporre la questione alle parti (v. verbale dell’udienza pubblica di primo grado del 19 ottobre 2016), ha dichiarato improcedibile:

b.1) la domanda di annullamento del diniego, ritenendo che sarebbe venuto meno l’interesse della ditta ad ottenere una nuova autorizzazione stante il mutare, al 31 dicembre 2010, della disciplina di riferimento per gli incentivi da energia solare;

b.2) la domanda di risarcimento del danno.

5. La società originaria ricorrente ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha articolato tre autonomi mezzi di impugnazione (da pagina 6 a pagina 27), riassumibili nei seguenti termini:

a) con i primi due mezzi la società ha insistito nella tesi della formazione del silenzio assenso e della tardività del diniego;

b) con il terzo mezzo, la società:

b.1) ha riportato la sintesi delle censure illustrate in primo grado;

b.2) ha evidenziato che il primo giudice ha erroneamente dichiarato improcedibile il ricorso di primo grado e la domanda di risarcimento del danno in violazione dell’obbligo di corrispondenza fra chiesto e pronunciato stabilito dall’art. 112 c.p.c., non avendo mai dedotto la sopravvenuta carenza di interesse; interesse che, ad avviso dell’appellante, andava ritenuto persistente (pagine 22 – 25 dell’appello).

5.1. Si è costituito in giudizio per resistere il comune di Cesena.

5.2. In data 9 settembre 2021 la società appellante ha depositato memoria difensiva, con cui ha ribadito le proprie difese e conclusioni.

5.3. Con memoria difensiva depositata in data 10 settembre 2021, il comune si è opposto all’avverso appello, deducendo in ordine alla inapplicabilità dell’istituto del silenzio assenso previsto dall’art. 13 della l.r. n. 31 del 2002 e, comunque, al mancato decorso del relativo termine, nonché alla legittimità del provvedimento di diniego ed alla insussistenza dei presupposti per il risarcimento del danno.

5.4. Con successive memorie di replica sia la società Piano Majano che il comune di Cesena hanno insistito nelle proprie difese e conclusioni.

6. All’udienza del 14 ottobre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

7. L’appello è fondato e deve pertanto essere accolto.

8. In primo luogo, il Collegio rileva l’infondatezza dei primi due motivi di appello, con cui la società:

a) relativamente alla individuazione del dies a quo per la formazione del silenzio-assenso, quindi del termine massimo per la conclusione del procedimento ex art. 13 l.r. n. 31 del 2002, ha sostenuto che la documentazione dovesse esser ritenuta completa sin dal deposito dei contratti di affitto - relativi alle aree limitrofe alla originaria proprietà del signor Pieri - in forma di scrittura privata non registrata; peraltro, secondo l’appellante su queste aree affittate non doveva sorgere l’impianto;

b) ha dedotto la piena applicabilità alla fattispecie dell’istituto del silenzio assenso come previsto dall’art. 13, comma 10, l.r. 31 del 2002 e dall’art. 24, comma 12, del regolamento edilizio del comune di Cesena, in primis in quanto richiamati più volte dallo stesso comune nel corso del procedimento.

8.1. Al riguardo, si rileva, prioritariamente in diritto, che i provvedimenti che concernono la realizzazione di impianti da energie rinnovabili ex art. 12 d.lgs. n. 387 del 2003 sono attratti alla disciplina di cui all’art. 20 l. n. 241 del 1990, con la conseguenza che, ai fini dell’autorizzazione, è sempre richiesta l’adozione di un provvedimento espresso, non potendo trovare applicazione l’istituto del silenzio assenso.

8.2. In particolare, ai sensi dell’art. 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990, come modificato dalle leggi n. 15 e n. 80 dell’anno 2005, l’istituto del silenzio assenso, previsto genericamente dal comma 1 del medesimo articolo per i “procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi”, risulta non applicabile “agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l’immigrazione, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti”.

8.3. Il conflitto emergente tra questa previsione e la invocata disposizione regionale di cui all’art. 13, comma 10, l.r. 31 del 2002, secondo cui “decorso inutilmente il termine per il rilascio del provvedimento, la domanda di rilascio del permesso di costruire si intende accolta”, non può essere risolto mediante il criterio di specialità, atteso che entrambe le normative presentano una portata generale afferente alla materia edilizia-ambientale.

Se ne conclude che, alla luce del criterio cronologico, che regola la successione nel tempo tra due norme generali (art. 15 cod. civ.), l’istituto procedimentale del silenzio-assenso non può trovare applicazione nel caso di specie, in ragione della deroga prevista dal citato comma 4 dell’art. 20 per la materia della tutela ambientale, come visto introdotta con le novelle del 2015, quindi in data posteriore rispetto all’entrata in vigore della legge regionale.

In conclusione, il diniego impugnato deve essere ritenuto legittimamente adottato in forza di un potere non ancora consumatosi.

8.4. Del resto, alle medesime conclusioni conduce l’analisi della giurisprudenza di questo Consiglio in merito alla necessità che nella presente materia vengano adottati provvedimenti espressi.

Sul punto, si rinvia a quanto affermato da questa Sezione nella sentenza n. 499 del 25 gennaio 2018, secondo cui:

a) l’art. 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990 stabiliva, nella versione vigente all’epoca, l’esplicita esclusione dalla formazione del silenzio assenso dei provvedimenti in materia ambientale;

b) il contrasto tra la previsione normativa del silenzio assenso ed i principi comunitari, che impongono l’esplicitazione delle ragioni della compatibilità ambientale del progetto (cfr. artt.14, comma 4, 14-bis, comma 4, 17-bis, comma 4, legge n. 241 del 1990 e direttiva 92/11/CE), costituisce acquisizione ormai costante della giurisprudenza nazionale (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2015, n. 4712), non mancandosi di rimarcare che anche l’attuale normativa sul procedimento amministrativo afferma che le disposizioni sul silenzio assenso “non si applicano agli atti ed ai procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale …, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri ….” (cfr. art. 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990).

8.5. Ad ogni modo, anche nel caso si volesse ritenere applicabile la disciplina di cui all’art. 13, comma 10, l.r. 31 del 2002 e all’art. 24, comma 12, del regolamento edilizio, si deve osservare, in punto di fatto, che, come risulta dalla ricostruzione cronologica sub § 2, la domanda di permesso di costruire (ma, ugualmente, anche la seconda, in seguito ritirata) non poteva dirsi completa fino alla produzione integrale dei documenti richiesti dal comune, avvenuta in data 14 ottobre 2010. Ne consegue che il suddetto termine (da computare in 75 giorni, in ragione della richiesta istruttoria) non risultava essere decorso alla data di adozione del provvedimento finale del 31 gennaio 2011, considerata l’interruzione causata dall’invio del preavviso di rigetto in data 7 dicembre 2010.

Peraltro, il dies a quo utile per il silenzio assenso potrebbe addirittura essere fatto decorrere dalle osservazioni del 23 dicembre 2010 con cui la società, nel rispondere al preavviso di rigetto, rinunciava alla seconda domanda. Invero, con tale comunicazione, la società - al fine di superare il motivo ostativo derivante dal superamento di 1 Mw di potenza complessiva degli impianti considerati congiuntamente - finiva per apportare una modifica sostanziale alla domanda, la quale, pertanto, in relazione alla decorrenza del termine, può essere ritenuta nuova ed autonoma rispetto alla precedente.

9. Con la terza censura la società appellante ha lamentato la violazione della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, per avere il T.a.r. dichiarato improcedibile il ricorso di primo grado e la domanda di risarcimento del danno.

Invero, il primo giudice ha considerato priva di interesse la pretesa della società all’annullamento del provvedimento di diniego, ritenendo che “la società non ha più interesse ad ottenere una nuova autorizzazione all’esito dell’eventuale annullamento del provvedimento impugnato in questa sede perché sono venute meno le condizioni di favore che rendevano remunerativo l’investimento” dato che “dette condizioni tariffarie di favore sono scadute il 31/12/2010 per cui anche in caso di provvedimento favorevole, la società non avrebbe potuto conseguire il guadagno sperato e sulla base del quale è stata impostata la c.t.u.”. Per gli stessi motivi il primo giudice ha infine rilevato la “assenza di materia” per il “risarcimento dei danni richiesto”.

9.1. La censura risulta fondata.

9.2. Invero, la dichiarazione di improcedibilità è frutto di un’attività officiosa svolta dal giudice di primo grado in assenza di deduzioni di parte al riguardo.

Ne consegue che, in disparte ogni valutazione in ordine alla fondatezza della tesi propugnata dal T.a.r., il Collegio rinviene una lesione del diritto al contraddittorio delle parti e, in particolare, della parte ricorrente, avendo il primo giudice pronunciato una decisione “a sorpresa” in violazione dell’obbligo sancito dall’art. 73, comma 3, c.p.a. (cfr. Ad. plen. nn. 10 e 14 del 2018; successivamente, sez. IV, n. 1878 del 2020 ivi l’ampia casistica sulla portata applicativa e sui limiti dell’obbligo sancito dall’art. 73, comma 3 cit.; negli stessi termini, sez. IV, n. 1199 del 2021).

In altre parole, il giudice di primo grado avrebbe dovuto sottoporre al contraddittorio delle parti la questione che, a suo avviso, determinava l’epilogo del ricorso, consentendo così alle parti del giudizio di esplicare appieno le proprie prerogative difensive.

10. La fondatezza del motivo in questione comporta, ex art. 105, comma 1, c.p.a., la regressione della causa in primo grado ove il Collegio la esaminerà in diversa composizione ex artt. 17 c.p.a. e 51, n. 4, c.p.c. (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, nn. 3122 e 1199 del 2021 e n. 1535 del 2018 e i richiami ivi contenuti alle Plenarie nn. 4 e 5 del 2014; in termini anche la Plenaria 25 marzo 2009, n. 2, Cass. civ., sez. un., 27 febbraio 2008, n. 5087), non mancando di trattare partitamente tutte le domande e i motivi posti a sostegno delle medesime, secondo la tassonomia propria (arg. da Ad. Plen. n. 5 del 2015).

Del resto, in applicazione dei principi delle sentenze nn. 10 e 15 del 2018 dell’Adunanza plenaria:

a) non è richiesta una domanda di rinvio espressa ex art. 105 c.p.a., dovendo il Consiglio di Stato provvedere d’ufficio purché vi sia un motivo appello che deduca la lesione del contraddittorio e del diritto di difesa (nel caso in esame sub specie di omessa pronuncia);

b) quale presupposto per disporre l’annullamento con rinvio ex art. 105 c.p.a. è considerato anche il difetto assoluto di motivazione (come verificatosi nel caso di specie, in ragione della artificiosa declaratoria di improcedibilità).

11. Conclusivamente, l’appello deve essere in parte respinto (primo e secondo motivo) e in parte accolto (terzo motivo) e, per l’effetto, deve essere in parte annullata la sentenza impugnata con rinvio della causa al primo giudice.

11. Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate per la particolarità della questione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando:

- respinge in parte l’appello r.g. n. 3962/2017;

- accoglie in parte l’appello r.g. n. 3962/2017 e, per l’effetto, annulla in parte l’impugnata sentenza;

- rinvia la causa al T.a.r. per l’Emilia Romagna ai sensi dell’art. 105 c.p.a.;

- compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2021, con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente

Luca Lamberti, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere, Estensore

Michele Pizzi, Consigliere

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Alessandro Verrico

Vito Poli

 

 

IL SEGRETARIO

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