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Decreto fuori termine - TAR Catanzaro, sez. 1694 del 22.10.2014

Pubblico
Sabato, 29 Novembre, 2014 - 01:00

Delega poteri espropriativi – responsabilità solidale delegante e delegato – riapprovazione p.u. - 
Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, (Sezione Seconda), sentenza n.1694 del 22 ottobre 2014, sulla delega di poteri espropriativi, sulla riapprovazione della pubblica utilità
 
In quanto beneficiario dell’espropriazione e titolare dei poteri espropriativi, l’A.N.A.S. non può non assumere il ruolo di obbligato solidale con chi è stato incaricato della materiale esecuzione degli incombenti amministrativi relativi alla procedura stessa.
 
Qualora l'amministrazione espropriante avvalendosi dello schema di cui agli art. 35 e 60 l. n. 865 del 1971 affidi ad altro soggetto, anche mediante appalto o concessione, la realizzazione di un'opera pubblica e gli deleghi nello stesso tempo gli oneri concernenti la procedura ablatoria (e non anche tutti i poteri suoi propri, di soggetto espropriante, come è peculiare della concessione traslativa) da compiere in nome e per conto del delegante”, è ravvisabile “una corresponsabilità solidale dell'ente delegante il quale con il conferimento del mandato non si spoglia delle responsabilità relative allo svolgimento della procedura espropriativa secondo i suoi parametri soprattutto temporali e conserva, quindi, l'obbligo di sorvegliarne il corretto svolgimento anche perché questa si svolge non solo in nome e per conto di detta amministrazione, ma anche di intesa con essa. Questa ultima conserva un potere di controllo o di stimolo dei comportamenti del delegato, il cui mancato o insufficiente esercizio obbliga anche il delegante in presenza di tutti i presupposti al relativo risarcimento ai sensi del combinato disposto degli art. 2043 e 2055 c.c.”.
 
Sussiste la responsabilità solidale dell'ente espropriante e dell'appaltatore delegato ogni qual volta entrambi abbiano concorso a determinare l'evento dannoso (Cass. civ. Sez. I, 17-10-2008, n. 25369), specificando che “A particolari condizioni, un esonero di responsabilità per il concedente potrebbe aver luogo soltanto nelle ipotesi (non ricorrenti nel caso di specie) di concessione traslativa …” (Consiglio di Stato, sez. IV, 10 gennaio 2014, n.46).
 
L’intervenuto provvedimento di esproprio e la mancata impugnativa dello stesso non possono essere di pregiudizio per l’esame della domanda risarcitoria e ciò alla luce dei vigenti principi di effettività e pienezza della tutela che la giurisdizione amministrativa deve assicurare (art.1 cod. proc. amm.). In caso contrario, si perverrebbe alla paradossale conseguenza che domande risarcitorie, come quella in esame, formulate allorquando non si dubitava della vigenza dell’istituto giurisprudenziale dell’occupazione acquisitiva, giunte all’attuale cognizione di questo giudice a seguito di translatio iudicii, specie a seguito dell’intervenuto decreto di esproprio, dovrebbero essere respinte dal giudice in quanto non fondate, attesa la carenza del fatto costitutivo del diritto azionato.Il Collegio, invero, ritiene che i principi del vigente codice del processo amministrativo e il superamento della cosiddetta pregiudiziale di cui all’art.30 cod. proc. amm. consentano, sulla base degli elementi sostanziali della domanda proposta, di garantire al privato una tutela piena e satisfattiva.
 
La riapprovazione pura e semplice di un progetto di pubblica utilità o le approvazioni di mere varianti di progetto costituiscono sostanzialmente delle proroghe dei termini di espropriazione (T.A.R. Sardegna, sez. II, 9 giugno 2009 n.919), proroghe però illegittime ove non riconnesse, come nel caso, a cause di forza maggiore o ad altre ragioni di necessità indipendenti dalla volontà dell’Amministrazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 30 giugno 2010 n.4176; T.A.R. Toscana, Firenze, sez. I, 11 gennaio 2011, n.29).
 
“La stessa Corte di Cassazione, sez. un. 5 maggio 2011, n.9844 - nel delimitare la competenza residuale del giudice ordinario in ordine al risarcimento del danno connesso all’illegittima occupazione della proprietà privata per la realizzazione di opere di pubblica utilità ai soli casi di dichiarazione di pubblica utilità inesistente o radicalmente nulla ovvero di inutile decorso dei termini di dichiarazione di pubblica utilità [senza che sia intervenuto il decreto ablativo o si sia verificata la cd. occupazione espropriativa] – definisce nullo il solo provvedimento privo dell’indicazione dei termini”.
 
Il decreto, sebbene viziato in quanto adottato tardivamente, una volta divenuto inoppugnabile, ha tuttavia prodotto irrevocabilmente i propri effetti e dunque il trasferimento della proprietà del bene.
L’unica domanda risarcitoria accoglibile in caso di decreto di esproprio tardivo è quella relativa all’illegittima occupazione dei suoli per il danno riferibile, nel caso, all’arco temporale compreso tra la scadenza di occupazione legittima e l’emanazione del decreto di esproprio (Consiglio di Stato, sez. IV, 1130 del 2012 cit; T.A.R. Lombardia Brescia n.13 del 2013 cit.), da calcolarsi nel 5% annuo sul valore venale del bene occupato per tutto il tempo di occupazione sine titulo, che va dalla scadenza dei termini finali dell’originaria dichiarazione di pubblica utilità all’emanazione del decreto di esproprio, secondo il criterio indicato nell’art.42 bis D.P.R. n.327/2001.
 
N. 01694/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01275/2011 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1275 del 2011, proposto da: 
Antonietta Ranini, Liberata Sangiuliano, Antonio Sangiuliano, Giuseppe Sangiuliano, Sergio Sangiuliano, Lucia Ernestina Sangiuliano, rappresentati e difesi dall'avv. Francesca Abbruzzese, con domicilio per legge presso la Segreteria del T.A.R. Catanzaro via De Gasperi n.76/B; 
contro
Soc. A.N.A.S. Spa Compartimento della Viabilità per la Calabria, in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distr.le Catanzaro, domiciliata in Catanzaro, via G.Da Fiore, 34; 
nei confronti di
Soc. Costruzioni Generali Spa, Soc.Ing.Orfeo Mazzitelli Impresa Costruzioni Spa, Fall. Soc. Ge.To. Spa, Soc. Ce.Gar. Srl, in persona dei ll.rr.pp.tt., non costituite in giudizio; 
per la condanna
delle resistenti al pagamento della somma di €. 50.000,00, o di quella maggiore o minore ritenuta di giustizia, a titolo di risarcimento dei danni patiti e patiendi, per l’illegittima occupazione appropriativa del fondo di loro proprietà di cui agli atti di causa, avendo riguardo alla vocazione edificatoria dei fondi occupati e alla natura di coltivatori diretti dei proprietari espropriati, oltre interessi dallo scadere del termine di occupazione legittima al soddisfo, e rivalutazione monetaria dalla data di occupazione al soddisfo; e inoltre, per il maggior danno subito e subendo dal decorrere dell’occupazione legittima, avendo riguardo alla eliminazione delle colture praticate, al loro valore e alla perdita derivata dalla mancata produttività delle stesse, nonché alla mutilazione dei terreni occupati e al conseguente deprezzamento della parte residuante, oltre agli interessi dal dì dell’occupazione al soddisfo; e, infine, a qualsivoglia altro titolo di legge – (transatio iudicii).
 
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Soc. A.N.A.S. Spa Compartimento della Viabilità per la Calabria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2014 la dott.ssa Giuseppina Alessandra Sidoti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
FATTO
I ricorrenti premettono che, con atto di citazione notificato il 18 settembre 2004, il sig. Sangiuliano Vito (nelle more deceduto) e la sig.ra Ranini Antonietta citavano innanzi al Tribunale di Catanzaro, sez. distaccata di Chiaravalle, gli odierni resistenti, al fine di conseguire la condanna degli stessi al risarcimento dei danni connessi all’illegittima occupazione appropriativa del fondo di loro proprietà di cui agli atti di causa.
L’adito Tribunale civile, con sentenza del 12 luglio 2011 n. 99, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, affermando la giurisdizione dell’a.g.a., secondo i noti criteri di riparto in materia.
Sicché, con il presente gravame, i ricorrenti in epigrafe riassumevano il giudizio innanzi a questo T.A.R., rinnovando le medesime richieste risarcitorie, meglio specificate in epigrafe.
Si è costituita in giudizio l’ANAS S.p.A., che, in data 20.02.2012, ha prodotto una relazione e documentazione, contestando la domanda di parte ricorrente ed affermando la piena legittimità del proprio operato e del decreto di espropriazione, nelle more emanato.
In vista della pubblica udienza del 3 ottobre 2014, con successiva memoria difensiva, l’ANAS ha eccepito, altresì, il proprio difetto di legittimazione passiva, in ragione del fatto che la pretesa condotta illecita sarebbe stata posta in essere da un soggetto diverso, e cioè dall’A.T.I. “Mazzitelli – Geto – Cegar”, delegata, in forza del Capitolato Speciale d’Appalto, a svolgere, anche in fase contenziosa, tutte le procedure tecniche, amministrative e finanziarie necessarie per il compimento delle espropriazioni e l’acquisizione dei terreni sui quali insiste l’opera pubblica; ha, inoltre, ribadito l’infondatezza del ricorso, sostenendo la correttezza della procedura espropriativa, culminata con l’emissione del decreto di esproprio del 1 giugno 2011.
All’udienza pubblica del 3 ottobre 2014, il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
1. Deve essere preliminarmente respinta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della società ANAS s.p.a., per il dirimente rilievo che la procedura espropriativa di cui è causa è avvenuta nell’interesse dell’ANAS s.p.a., ente espropriante titolare dei relativi poteri, essendo stato conferito all’A.T.I. solo “l’incarico per svolgere per l’Anas, come previsto dal Capitolato Speciale d’Appalto, tutte le procedure tecniche, amministrative e finanziarie necessarie, eventualmente anche in sede contenziosa, per il perfezionamento delle espropriazioni …”.
Pertanto, in quanto beneficiario dell’espropriazione e titolare dei poteri espropriativi, l’A.N.A.S. non può non assumere il ruolo di obbligato solidale con chi è stato incaricato della materiale esecuzione degli incombenti amministrativi relativi alla procedura stessa.
Ne discende la sua legittimazione passiva, in linea con il principio di cui alla sentenza della Corte di Cassazione, sez. I civ., 04 giugno 2010 , n. 13615, secondo la quale, “qualora l'amministrazione espropriante avvalendosi dello schema di cui agli art. 35 e 60 l. n. 865 del 1971 affidi ad altro soggetto, anche mediante appalto o concessione, la realizzazione di un'opera pubblica e gli deleghi nello stesso tempo gli oneri concernenti la procedura ablatoria (e non anche tutti i poteri suoi propri, di soggetto espropriante, come è peculiare della concessione traslativa) da compiere in nome e per conto del delegante”, è ravvisabile “una corresponsabilità solidale dell'ente delegante il quale con il conferimento del mandato non si spoglia delle responsabilità relative allo svolgimento della procedura espropriativa secondo i suoi parametri soprattutto temporali e conserva, quindi, l'obbligo di sorvegliarne il corretto svolgimento anche perché questa si svolge non solo in nome e per conto di detta amministrazione, ma anche di intesa con essa. Questa ultima conserva un potere di controllo o di stimolo dei comportamenti del delegato, il cui mancato o insufficiente esercizio obbliga anche il delegante in presenza di tutti i presupposti al relativo risarcimento ai sensi del combinato disposto degli art. 2043 e 2055 c.c.”.
Anche il Consiglio di Stato, con recenti sentenze (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 10 gennaio 2014, n.46 e 14 luglio 2014, n.3655), ha ribadito il principio per cui sussiste la responsabilità solidale dell'ente espropriante e dell'appaltatore delegato ogni qual volta entrambi abbiano concorso a determinare l'evento dannoso (Cass. civ. Sez. I, 17-10-2008, n. 25369), specificando che “A particolari condizioni, un esonero di responsabilità per il concedente potrebbe aver luogo soltanto nelle ipotesi (non ricorrenti nel caso di specie) di concessione traslativa …” (Consiglio di Stato, sez. IV, 10 gennaio 2014, n.46).
1.1. Va, pertanto, rigettata, in quanto infondata, l’eccezione di difetto di legittimazione passiva formulata dall’Anas.
2. Ai fini dell’esame della domanda risarcitoria volta ad ottenere il risarcimento dei danni patiti e patiendi per l’illegittima occupazione appropriativa, trasposta nell’attuale sede da parte ricorrente, occorre preliminarmente specificare quanto segue.
Dalla documentazione prodotta in corso di causa emerge, più puntualmente in fatto, che, con provvedimento n.2164/303 del 18.03.1996, l’Amministratore dell’Ente Nazionale per le Strade approvava, anche ai fini della pubblica utilità, il progetto redatto dal Compartimento della Viabilità di Catanzaro relativo ai lavori di costruzione del tratto di strada provinciale per Argusto – svincolo di Gagliato – Tronco 5° - Lotto 3° - Trasversale delle Serre.
Con il detto provvedimento, i lavori venivano dichiarati urgenti ed indifferibili e venivano fissati i termini iniziali e finali dei lavori e delle relative espropriazioni (questi ultimi rispettivamente fissati in 1440 giorni e in 2100 giorni dalla data del provvedimento stesso); l’occupazione veniva autorizzata d’urgenza con decreto prefettizio del 10.10.1996 n.917, mentre l’immissione in possesso interveniva in data 14.03.1997; con provvedimento n.2546 del 14.10.1999, veniva approvata la 1^ perizia di variante, anche agli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, nonché di indifferibilità e urgenza; con gli ulteriori decreti nn.818-266/1° settore (rispettivamente del 10 gennaio 2000 e dell’1 dicembre 2003), il Prefetto prorogava l’occupazione temporanea d’urgenza fino al 17 settembre 2004; in data 6 luglio 2004, la Direzione Centrale Lavori - Area Amministrativa settore 3°, con provvedimento prot. n. 8318/13157, approvava la seconda perizia di variante tecnica, dichiarandone contestualmente la pubblica utilità e disponendo il termine di cinque anni per il compimento delle procedure di esproprio delle aree interessate; con dispositivo del 4 giugno 2009 prot. CDG- 0083716-L, il Presidente dell’ANAS S.p.A. prorogava la pubblica utilità.
In data 01 giugno 2011, interveniva, poi, il decreto di esproprio dei terreni in oggetto prot. CCZ-0022989, per come emerge dalla documentazione prodotta dall’ANAS s.p.a., decreto non impugnato dagli attuali ricorrenti.
Quanto alle indennità di esproprio riguardanti i cespiti in questione, determinate dalla Commissione Provinciale Espropri, le stesse risultano essere state depositate presso la Cassa Depositi e Prestiti, ma mai accettate dagli odierni ricorrenti.
2.1. Tanto premesso, con l’odierno giudizio, i ricorrenti ripropongono l’originaria azione risarcitoria fondata sull’occupazione appropriativa.
Prescindendo dal rilievo che tale istituto è stato espunto dal nostro ordinamento, non potendosi far risalire la perdita della proprietà, con conseguente richiesta risarcitoria, all’attività materiale dell’amministrazione, pur originante un’opera pubblica, nella fattispecie, dalla documentazione prodotta dall’Amministrazione risulta che in data 1.06.2014 è stato emanato il provvedimento di espropriazione prot. CCZ-0022989.
2.2. Ritiene il Collegio che l’intervenuto provvedimento di esproprio e la mancata impugnativa dello stesso non possono essere di pregiudizio per l’esame della domanda risarcitoria e ciò alla luce dei vigenti principi di effettività e pienezza della tutela che la giurisdizione amministrativa deve assicurare (art.1 cod. proc. amm.).
In caso contrario, si perverrebbe alla paradossale conseguenza che domande risarcitorie, come quella in esame, formulate allorquando non si dubitava della vigenza dell’istituto giurisprudenziale dell’occupazione acquisitiva, giunte all’attuale cognizione di questo giudice a seguito di translatio iudicii, specie a seguito dell’intervenuto decreto di esproprio, dovrebbero essere respinte dal giudice in quanto non fondate, attesa la carenza del fatto costitutivo del diritto azionato.
Il Collegio, invero, ritiene che i principi del vigente codice del processo amministrativo e il superamento della cosiddetta pregiudiziale di cui all’art.30 cod. proc. amm. consentano, sulla base degli elementi sostanziali della domanda proposta, di garantire al privato una tutela piena e satisfattiva.
2.3. Ebbene, sulla base dei principi esposti, se pure in via incidentale, ai soli fini risarcitori, si deve osservare che effettivamente l’Amministrazione ha disposto della proprietà dei ricorrenti oltre i termini fissati dalla dichiarazione di pubblica utilità.
Infatti, occorre ricordare che il primo provvedimento, con il quale è stato approvato il progetto e dichiarata la pubblica utilità dell’opera, è il provvedimento n.2164/303 del 18.03.1996, con il quale, peraltro, i lavori venivano dichiarati urgenti ed indifferibili e venivano fissati i termini iniziali e finali dei lavori e delle relative espropriazioni (questi ultimi rispettivamente in 1440 giorni e in 2100 giorni dalla data del provvedimento stesso).
Né le varie proroghe dell’occupazione d’urgenza (del 10 gennaio 2000 e dell’1 dicembre 2003) o le intervenute approvazioni di perizie di variante (nel caso due) possono far rivivere i termini dell’originaria dichiarazione di pubblica utilità, potendo questi ultimi solo essere prorogati nella sussistenza dei presupposti e delle modalità di legge.
La giurisprudenza, al riguardo, ha ritenuto che la riapprovazione pura e semplice di un progetto di pubblica utilità o le approvazioni di mere varianti di progetto costituiscono sostanzialmente delle proroghe dei termini di espropriazione (T.A.R. Sardegna, sez. II, 9 giugno 2009 n.919), proroghe però illegittime ove non riconnesse, come nel caso, a cause di forza maggiore o ad altre ragioni di necessità indipendenti dalla volontà dell’Amministrazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 30 giugno 2010 n.4176; T.A.R. Toscana, Firenze, sez. I, 11 gennaio 2011, n.29).
Nella fattispecie in esame, poi, si osserva che l’unico atto di proroga formale dell’originaria dichiarazione di pubblica utilità è intervenuto solo con dispositivo del 4 giugno 2009 prot. CDG- 0083716-L del Presidente dell’ANAS S.p.A., cioè quando erano abbondantemente scaduti i termini di efficacia della originaria dichiarazione di pubblica utilità ed al di fuori dei presupposti di cui all’art.13 L.n.2359/1865.
Ne deriva che non è revocabile in dubbio che il decreto di esproprio, datato 1 giugno 2011, a fronte di una dichiarazione di pubblica utilità del 18 marzo 1996 che fissava in 2100 giorni dalla data del provvedimento il termine finale dell’espropriazione, in assenza di una valida e tempestiva proroga dei termini, sia stato emesso tardivamente.
2.4. Al riguardo, il Collegio, consapevole delle oscillazioni giurisprudenziali in materia, tuttavia ritiene di aderire alla recente giurisprudenza, a favore dell’annullabilità e non della nullità del provvedimento di esproprio emanato dopo la scadenza dei termini (Consiglio di Stato, sez. IV, 23.08.2010, n.5902; T.A.R. Calabria, sez. II, 30 luglio 2014, n.1257; T.A.R. Lombardia, Brescia 14 gennaio 2013, n.13; T.A.R. Abruzzo, sez. I, 5 dicembre 2013, n.17; T.R.G.A. di Trento 27 ottobre 2011, n.260; T.A.R. Lazio Roma sez II 4 ottobre 2011), argomentando alla luce dell’art.21 septies, secondo cui “è nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”.
In linea di principio, l’indirizzo del Consiglio di Stato è consolidato nel ritenere il carattere eccezionale della nullità del provvedimento e nel ritenere che il “difetto di attribuzione” evochi la cosiddetta carenza di potere in astratto, vale a dire l’ipotesi in cui l’Amministrazione assume di esercitare un potere che in realtà nessuna norma le attribuisce (Consiglio di Stato, sez IV, 26.08.2014, n.4281 e la giurisprudenza del Consiglio di Stato ivi citata)
Con riguardo alla controversia in esame (decreto di esproprio adottato dopo la scadenza dei termini finali fissati dall’originaria dichiarazione di pubblica utilità, non legittimamente prorogata), il Collegio è dell’avviso che non venga in discussione l’astratta titolarità del potere, bensì le concrete modalità del suo esercizio.
In tal caso, infatti, è l’esercizio del potere ad essere viziato, ma non si pone questione di sua esistenza, cosicchè il provvedimento deve considerarsi annullabile e non già nullo (Consiglio di Stato, sez. VI, n.372 del 2012; sez. IV n.4281 del 2014, che perviene a tale conclusione in una controversia concernente un decreto di esproprio adottato dopo l’annullamento giurisdizionale dell’atto comportante dichiarazione di pubblica utilità).
A favore dell’annullabilità è stato, altresì, osservato che “La stessa Corte di Cassazione, sez. un. 5 maggio 2011, n.9844 - nel delimitare la competenza residuale del giudice ordinario in ordine al risarcimento del danno connesso all’illegittima occupazione della proprietà privata per la realizzazione di opere di pubblica utilità ai soli casi di dichiarazione di pubblica utilità inesistente o radicalmente nulla ovvero di inutile decorso dei termini di dichiarazione di pubblica utilità [senza che sia intervenuto il decreto ablativo o si sia verificata la cd. occupazione espropriativa] – definisce nullo il solo provvedimento privo dell’indicazione dei termini” (T.A.R. Lombardia, sezione staccata di Brescia, Sezione Seconda, 14 gennaio 2013, n.13).
Da tali premesse, ne segue che il decreto, sebbene viziato in quanto adottato tardivamente, una volta divenuto inoppugnabile, ha tuttavia prodotto irrevocabilmente i propri effetti e dunque il trasferimento della proprietà del bene.
3. Quanto alle pretese risarcitorie avanzate, va osservato che se la mancata impugnativa nei termini del decreto di esproprio non rileva ai fini dell’ammissibilità della domanda risarcitoria, incide però sulla sua fondatezza, nei termini chiariti dall’Adunanza Plenaria con la nota sentenza n.3 del 2011, secondo cui “…la scelta di non avvalersi della forma di tutela specifica e non (comparativamente) complessa che, grazie anche alle misure cautelari previste dall’ordinamento processuale, avrebbe plausibilmente (ossia più probabilmente che non) evitato, in tutto o in parte il danno, integra violazione dell’obbligo di cooperazione, che spezza il nesso causale e, per l’effetto, impedisce il risarcimento del danno evitabile” (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 febbraio 2012, n.1130).
4. Ne consegue che l’unica domanda risarcitoria accoglibile è quella relativa all’illegittima occupazione dei suoli per il danno riferibile, nel caso, all’arco temporale compreso tra la scadenza di occupazione legittima e l’emanazione del decreto di esproprio (Consiglio di Stato, sez. IV, 1130 del 2012 cit; T.A.R. Lombardia Brescia n.13 del 2013 cit.), da calcolarsi nel 5% annuo sul valore venale del bene occupato per tutto il tempo di occupazione sine titulo, che va dalla scadenza dei termini finali dell’originaria dichiarazione di pubblica utilità all’emanazione del decreto di esproprio, secondo il criterio indicato nell’art.42 bis D.P.R. n.327/2001 (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, n.1257/2014 e giurisprudenza ivi citata).
5. Per quanto riguarda le ulteriori pretese risarcitorie, le stesse devono ritenersi infondate e quindi sono da rigettare a seguito dell’emanazione del decreto di esproprio, ferma la possibilità di rituale contestazione nella sede competente delle somme con esso attribuite.
6. La domanda risarcitoria, pertanto, va parzialmente accolta nei termini di cui sopra e pertanto l’amministrazione dovrà, ai sensi dell’art.34, comma 4, c.p.a., proporre a favore di parte ricorrente il pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno da occupazione illegittima da calcolarsi, secondo il criterio su indicato, entro il termine, ritenuto congruo, di 90 (novanta) giorni dalla notificazione della presente sentenza.
7. Le spese del giudizio possono trovare, in via di eccezione , integrale compensazione tra le parti in causa, tenuto conto della particolarità della vicenda, del carattere controverso delle questioni trattate e del complessivo andamento processuale.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente e per l’effetto condanna in solido le resistenti al risarcimento dei danni conseguenti all’occupazione illegittima, nei sensi e limiti di cui in parte motiva, lo respinge per il resto.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Salvatore Schillaci, Presidente
Concetta Anastasi, Consigliere
Giuseppina Alessandra Sidoti, Referendario, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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