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Dichiarazione di pubblica utilità contestazione

Pubblico
Giovedì, 24 Marzo, 2016 - 01:00

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Seconda Ter), sentenza n. 35276 del 22 marzo 2016, sulla dichiarazione di pubblica utilità 
 
 
N. 03537/2016 REG.PROV.COLL.
 
N. 06347/2013 REG.RIC.
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
 
(Sezione Seconda Ter)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 6347 del 2013, proposto da: 
Società Consorzio Edilizio Inviolata Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Ezio Calderai, Simona Morettini, con domicilio eletto presso Leonardo Pulcini in Roma, Via del Gesù, 62; 
contro
Comune di Guidonia Montecelio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Borrello, con domicilio eletto presso Roberto Borrello in Roma, Via Reno, 6; 
nei confronti di
Società Cer Immobiliare Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore; 
per l'annullamento
delle delibere di riapprovazione del progetto esecutivo fognatura tra i collegamenti dell'intervento alla via Tiburtina ai fini della dichiarazione di pubblica utilità indifferibile ed urgente - esecuzione del giudicato - sentenza n. 3597/13 TAR Lazio, sez. IIter
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Guidonia Montecelio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Viste e richiamate le sentenze di questa Sezione nr. 3597/13 e nr. 4681/2014, pronunciate inter partes;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2016 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
Nell’odierno giudizio parte ricorrente chiede l’esecuzione della sentenza della Sezione Seconda Ter del T.A.R. del Lazio n. 3597 del 13 febbraio 2013, depositata il successivo 9 aprile, resa sul ricorso n. 8900/2011, nella parte in cui è stato dichiarato l’obbligo, in capo all’Amministrazione comunale resistente, “di provvedere alla restituzione al ricorrente dell’area interessata alla realizzazione dell’opera fognaria, previa rimessione in pristino dell’area stessa, compatibilmente, ovviamente, con l’intervento posto in essere”.
Specifica che con la sentenza precedentemente indicata è stata accertata l’illegittimità degli atti ablatori posti in essere dall’Amministrazione comunale di Guidonia Montecelio; e, previo annullamento delle determinazioni gravate, è stato posto a carico del Comune stesso l’obbligo “di provvedere alla restituzione al ricorrente dell’area interessata alla realizzazione dell’opera fognaria, previa rimessione in pristino dell’area stessa, compatibilmente, ovviamente, con l’intervento posto in essere”.
Con sentenza nr. 4681/2014 del 5 maggio 2014, accertato che l’Amministrazione “non ha fornito riscontro alcuno alle richieste a tal uopo rivolte dall’odierna ricorrente”, e che il terreno di cui trattasi, “interessato dal posizionamento (sotterraneo) di impianti pertinenti ad opera fognaria è stato restituito da CER Immobiliare in data 23 ottobre 2012, mediante consegna nei confronti del sig. Velio Contu, affittuario del terreno stesso” è stata accolta la domanda volta a tutelare la pretesa dalla parte di conseguire l’integrale rimessione in pristino dell’area (da realizzarsi mediante “rimozione delle tubature e dei tombini tuttora presenti sul terreno in questione”), anche sulla considerazione di quanto statuito con Sentenza 20 dicembre 2013 n. 6177, che ha respinto l’appello avverso la sentenza nr. 3597/2013, comportandone il passaggio in giudicato.
E’ parte del giudicato quanto valutato dal Collegio circa le argomentazioni con le quali il Comune di Guidonia Montecelio aveva posto in evidenza le criticità suscettibili di accompagnare una integrale rimozione dell’impianto di smaltimento di che trattasi “all’uopo sottolineando che la stessa pronunzia resa in prime cure non avrebbe fornito – quanto alla valenza conformativa a corredo della portata demolitoria della sentenza stessa – univoche indicazioni in ordine ad un totale smantellamento delle opere realizzate”.
Si evidenziava, nella sentenza nr. 4681/2014, che le difese del Comune si erano “incentrate sull’affermazione, contenuta nella sentenza 3597/2013, secondo cui l’obbligo, posto a carico del Comune, “di provvedere alla restituzione al ricorrente dell’area interessata alla realizzazione dell’opera fognaria, previa rimessione in pristino dell’area stessa” dovrebbe essere attuato “compatibilmente, ovviamente, con l’intervento posto in essere”; sostenendosi, al riguardo, che siffatta indicazione rivelerebbe una potenzialità non integralmente ripristinatoria”.
Tali argomentazioni, cui si era opposta la difesa del ricorrente Consorzio Inviolata che aveva “conclusivamente insistito per l’integrale rimozione dell’impianto (comprensiva delle tubazioni collocate sull’area di proprietà e dei tombini sulla medesima insistenti)” sono state respinte dal Collegio, che ha invece accolto pienamente la domanda di tutela della parte ricorrente, sulla base, tra l’altro, della circostanza che il Comune di Guidonia Montecelio non era “stato in grado di evidenziare il reale fondamento dell’asserita non integrale eseguibilità della sentenza precedentemente citata”.
Si è cosi disposto l’obbligo per il Comune di Guidonia Montecelio, di provvedere “all’integrale rimozione delle tubazioni, dei tombini e di ogni altro eventuale elemento accessorio e/o servente all’opera fognaria, che in atto insista sull’area di proprietà della ricorrente, entro il termine di giorni 90 (novanta) dalla notificazione, o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza” con nomina del Commissario ad acta per il caso di perdurante inottemperanza.
Osserva il Collegio che, insediatosi, il Commissario ad acta ha disposto un ordine di servizio, diretto agli uffici comunali, per la rimozione delle opere (nr. 73787/2014); ha quindi domandato la liquidazione dei propri compensi.
Con decreto collegiale nr. 2392/2015, provvedendo sull’istanza di liquidazione delle competenze del Commissario ad acta, in accoglimento della relativa istanza, il pagamento delle somme liquidate è stato però subordinato all’esecuzione dell’ordine di servizio adottato dallo stesso Commissario ad acta circa la rimozione delle opere.
Con memoria del 25 settembre 2015, parte ricorrente ha chiesto l’esecuzione del decreto collegiale nr. 2392/2015: parte ricorrente ha evidenziato che le opere non sono state rimosse e che è rimasta immutata la condizione dei luoghi; inoltre, con istanza del 16 dicembre 2015, parte ricorrente ha chiesto fissarsi una nuova udienza di discussione del ricorso, sulla scorta del medesimo presupposto della mancata rimozione delle opere.
Parte ricorrente ha chiesto, altresì, la condanna del Comune di Guidonia Montecelio alle c.d. “astreintes” ex art. 114, comma 4, lett. E) del c.p.a.
Il Comune di Guidonia Montecelio, con propria memoria depositata il 5 gennaio 2016, ha eccepito l’inammissibilità di domande nuove aventi per oggetto modalità di esecuzione del giudicato quali le richieste “astreintes” non prospettate a suo tempo, vertendosi nell’odierna fase di giudizio in tema di “incidente di esecuzione”; ha quindi prospettato che l’attività del commissario ad acta si sarebbe sostanziata solamente nell’adozione dell’ordine di servizio di cui si è data dapprima menzione, e di una ulteriore “messa in mora” dell’11.03.2015, senza procedere oltre utilizzando altra tipologia di atti; ha quindi dedotto che l’amministrazione comunale, in quanto commissariata, è stata di fatto estromessa dalla gestione del procedimento e quindi non può, da un lato, essere destinataria di ulteriori prescrizioni esecutive, né, dall’altro, essere più considerata responsabile dell’attuale inadempimento dell’obbligo sancito dal giudicato; prospetta la possibilità di ricorrere all’adozione di un decreto di acquisizione sanante ex art. 42 bis del T.U. Espropri – Dlgs. Nr. 327/2001 che sembrerebbe – dall’analisi svolta dai tecnici del Comune – essere l’unica soluzione possibile per evitare che la rimozione della fognatura determini gravi conseguenze sulla salvaguardia di un consistente numero di cittadini.
Con propria memoria, il Consorzio Edilizio Inviolata (CEI), insiste per l’accoglimento della domanda, evidenziando che l’ordine di servizio nr. 73787/2014 di rimozione dell’opera non ha avuto esecuzione da parte degli uffici comunali, nonostante solleciti e lettere di messa in mora; le diffide ad adempiere inviate da CEI al Dirigente Comunale, responsabile del procedimento, con la disponibilità a fissare eventuali incontri per concordare tempi e modalità di rimozione dell’opera, non hanno avuto riscontro; l’ordine di servizio è peraltro divenuto definitivo; l’insistenza dell’opera nel fondo della parte ricorrente continua a produrre pregiudizi rilevanti (ad esempio, il divieto di messa a dimora di alberi ad alto fusto, il diritto di accesso del titolare della servitù per ispezione e manutenzione, il divieto di costruzione nelle aree circostanti) limitando l’utilizzabilità agricola e quella di una possibile edificazione; ogni apprezzamento circa l’interesse pubblico al mantenimento dell’opera per la tutela della salute dei cittadini residenti è superato dal giudicato, essendo stato oggetto delle difese e delle eccezioni dell’Amministrazione dedotte nelle precedenti sedi di giudizio ed ivi respinte; ogni riferimento all’adozione di un decreto sanante, per quanto solo annunciata, sarebbe pertanto del tutto intempestiva; nel merito dei relativi presupposti si sofferma evidenziandone l’insussistenza. Invero, non risulterebbe alcun interesse pubblico all’acquisizione dell’opera che sarebbe solo corrispondente all’interesse privato della società CER di non accollarsi le spese di realizzazione, gestione e manutenzione di un depuratore interno al servizio della Lottizzazione; non si verserebbe infatti in ipotesi di edilizia residenziale pubblica, ma parziale edilizia convenzionata, sovvenzionata per 124 alloggi ed agevolata per 62 – oltre a 243 alloggi di edilizia libera, oltre i volumi commerciali, direzionali ed artigianali, come risulta dal doc. 43 del fascicolo di merito; nel progetto per la realizzazione delle opere approvato dal Consiglio Comunale di Guidonia da ultimo con la convenzione urbanistica del 2008, non v’è traccia del collettore di scarico, ma era prevista la localizzazione e la realizzazione del depuratore autonomo interno a servizio da realizzarsi a spese del soggetto attuatore per un costo stimato di euro 2.175.292; a riprova dell’insussistenza di un interesse pubblico effettivo, parte ricorrente evidenzia che il procedimento espropriativo poi annullato dal TAR con il giudicato oggetto del presente giudizio era stato avviato proprio su proposta della CER, interessata a non accollarsi le spese di realizzazione, gestione e manutenzione di un depuratore interno a servizio del Programma edilizio (depuratore parzialmente già finanziato dal Ministero, come da doc. 18 del fascicolo di merito).
Quanto alle problematiche operative inerenti la rimozione delle opere, le soluzioni alternative pure possibili non sarebbero mai state seriamente prese in considerazione dall’Amministrazione che potrebbe sia obbligare la CER a mantenere gli impegni assunti e realizzare a sue spese il depuratore interno, che elaborare ed approvare tracciati di collettamento alla rete esterna tramite il passaggio in altre aree di proprietà CER e senza ricorrere ad espropri.
Nella camera di consiglio del 26 gennaio 2016 le parti hanno riassunto e precisato le proprie conclusioni, insistendo ciascuna in quanto dedotto; quindi la causa è stata trattenuta in decisione.
Osserva il Collegio che l’incidente di esecuzione proposto dalla parte ricorrente va risolto secondo le deduzioni da quest’ultima ampiamente approfondite, specie nella memoria del 14 gennaio 2016 che si è dapprima succintamente illustrata; e non può venire in rilievo una qualsiasi questione inerente la eventuale adozione di un decreto di acquisizione sanante, posto che quest’ultima possibilità risulta nulla più che una mera prospettazione allo stato, con la conseguenza che ogni giudizio in merito è impedito dall’art. 34 del c.p.a. che vieta al giudice di pronunciarsi su poteri amministrativi non esercitati.
Nel merito, premette il Collegio che, secondo pacifica giurisprudenza, il Commissario ad acta, in sede di ottemperanza, è investito di ampi poteri surrogatori di ogni organo dell’Amministrazione inadempiente ed ha piena facoltà di adottare tutti gli atti ritenuti utili o necessari per dare completa esecuzione al giudicato, ivi comprese variazioni di bilancio, disposizioni organizzative e sottoscrizione di mandati di pagamento, in deroga a qualsiasi normativa di settore (ma con l’osservanza, in ogni caso, delle disposizioni di cui all'art. 159 del Decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, essendo l’Amministrazione intimata un ente locale), fermo restando che è obbligo degli uffici dell’Amministrazione commissariata assicurare piena, tempestiva e puntuale collaborazione al predetto Commissario (cfr. ex plurimis, T.A.R. Reggio Calabria, 2 maggio 2014, nr. 190; 3 marzo 2014, nr. 123; v. anche Consiglio di Stato sez. IV 01 luglio 2015 n. 3258; sull’obbligo di cooperazione incombente sugli uffici dell’amministrazione commissariata, v. T.A.R. Latina, sez. I 08 giugno 2015 n. 459; sul fondamento dei poteri del Commissario ad acta, v. T.A.R. Campobasso, sez. I 17 aprile 2015 n. 147, secondo cui nel processo amministrativo l'ampiezza dei poteri riconosciuti al commissario ad acta trova fondamento nel principio di effettività della tutela giurisdizionale evincibile dall'art. 24 Cost. e nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo formatasi sugli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, con la conseguenza che il commissario deve ritenersi investito del potere di emanare i necessari provvedimenti anche in deroga alle norme che disciplinano la competenza alla loro adozione).
Ciò posto, nell’odierna fattispecie, non è possibile sottacere che la mera adozione di un ordine di servizio da parte del Commissario ad acta insediatosi per l’esecuzione è insufficiente a ritenere adempiuto l’obbligo di quest’ultimo di assicurare l’assetto di interessi che promana dal giudicato che era chiamato ad eseguire; si è trattato di una semplice attività amministrativa peraltro insufficiente di per sé, dal momento che la situazione nella quale incide l’azione dell’Amministrazione commissariata è ben più complessa.
Dal momento che la parte ricorrente chiede l’adozione di specifiche misure esecutive, in assenza di altrettanto specifiche eccezioni difensive dell’Amministrazione, non potrà non tenersi conto di quanto dalla stessa parte ricorrente prospettato circa il rilievo degli atti esecutivi della lottizzazione secondo i progetti approvati ed, in parte, anche finanziati.
Il Commissario ad acta dovrà pertanto:
a) valutare l’adozione di misure, anche coattive e con costi ed oneri a carico della lottizzazione, volte a completare il relativo progetto con la realizzazione dell’impianto di depurazione interno oppure, in assoluto subordine, tramite il ricongiungimento dell’impianto interno alla rete fognaria lungo un percorso che non comporti ulteriori oneri economici a carico dell’Amministrazione comunale (in ogni caso gravando dei relativi oneri la lottizzazione);
b) tale valutazione dovrà essere compiuta entro trenta giorni dalla comunicazione della presente sentenza o notifica a cura di parte se anteriore, con atti formali e previa relazione tecnica dei competenti uffici comunali, da redigersi nel contraddittorio con le parti interessate, inclusa l’odierna parte ricorrente, che potranno farsi assistere da tecnici di propria fiducia, con oneri ciascuno a proprio carico;
c) l’effettiva esecuzione dei provvedimenti volti ad ottenere la realizzazione ed il completamento dell’impianto interno di depurazione o il collegamento con la rete fognaria esterna dovrà avvenire entro i termini tecnici che dovranno essere previsti e fissati negli atti di cui alla lett. a); questi ultimi non potranno in ogni caso essere superiori a novanta giorni dall’adozione degli atti di cui alla lettera “a”, salva motivata esigenza tecnica;
d) la rimozione delle opere che interessano le aree dell’odierna ricorrente dovrà seguire l’avvenuto completamento dell’impianto secondo quanto sin qui stabilito, entro trenta giorni dal relativo collaudo tecnico ed amministrativo.
Fermo restando che i termini finali di realizzazione dell’impianto dovranno essere stabiliti in sede di adozione dei provvedimenti sin qui indicati, il Collegio ritiene di dover accogliere la domanda di condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento del danno da ritardo nei termini dell’art. 114 lett. “E”, disimpegnando quest’ultimo, nell’odierna fattispecie, una effettiva funzione sollecitatoria dell’adempimento.
Va premesso che, in linea di principio, ai sensi dell’art. 114 lett. E del c.p.a., anche in sede di incidente di esecuzione può essere proposta domanda di condanna dell’Amministrazione alle c.d. “astreintes”, posto che la norma non lo esclude e che la funzione di quest’ultima misura ha natura sollecitatoria dell’adempimento; in questo senso, i relativi presupposti – di tipo sostanziale – possono ben venire in rilievo in una fase successiva alla conclusione del giudizio sull’ottemperanza, specie in relazione a possibili perduranti inadempienze dell’Amministrazione.
In linea di principio, inoltre, si è affermato che l'insediamento del Commissario ad Acta per il caso di persistente inerzia dell'Amministrazione esclude la possibilità di ritenere quest'ultima (da tale momento) responsabile per il pagamento delle astreintes di cui all'art. 114 comma 4, lett. e), c.p.a., giacché, in caso contrario, si farebbero ingiustamente gravare sull'Amministrazione le conseguenze sanzionatorie di ulteriori ritardi imputabili non al suo apparato, ma all'ausiliario del giudice (cfr. T.A.R. Brescia (Lombardia) sez. I 03 agosto 2015 n. 103); tuttavia, la medesima giurisprudenza chiarisce che in caso di ulteriori ritardi anche del Commissario, il giudice amministrativo, previa istanza di parte, può assumere i provvedimenti necessari (anche fissando ulteriori astreintes ) e a segnalare l'inerzia alle competenti autorità.
Nel caso all’odierno esame del Collegio non è dato potersi accertare se il ritardo consegue ad una mera inerzia del Commissario o alla mancata collaborazione degli uffici dell’Ente; certo è, in ogni caso, che il Commissario non risulta aver adottato tutte le misure che sono esigibili nel caso di specie, e che il Collegio ha dapprima puntualizzato (misure che sono sostanzialmente conseguenti allo stato degli atti, così come evidenziato dalla parte ricorrente).
Ne deriva che, nell’odierna sede giurisdizionale, non venendo in rilievo come oggetto diretto della domanda di parte l’accertamento delle responsabilità soggettive dei funzionari dell’Ente, ma solo la tutela dell’interesse della parte ricorrente a conseguire la liberazione della propria area dai manufatti ivi insistenti, ogni verifica di eventuali responsabilità interne degli uffici o del Commissario ad acta, dovrà essere riservata alle apposite sedi, mentre sussistono i presupposti per prevedere a carico dell’Ente (della cui struttura il Commissario ad acta si avvale) le penalità di mora, proprio perché queste ultime servono a sollecitare l’adempimento dell’obbligo nella prospettiva delle attività ancora da compiersi, che incombono essenzialmente sugli uffici comunali.
Pertanto, a decorrere dal termine che stimasi congruo determinare in centoventi giorni dalla comunicazione della presente sentenza all’Amministrazione comunale da parte della Segreteria, o, se anteriore, dalla sua notifica a cura di parte, il Comune di Guidonia Montecelio corrisponderà alla parte odierna ricorrente una somma pari ad euro 50,00/die, fino all’avvenuta riduzione in pristino dell’area della ricorrente medesima (che dovrà essere debitamente documentata).
La liquidazione dell’importo ed il suo versamento alla parte ricorrente dovranno essere curati dallo stesso Commissario ad acta dopo la restituzione dell’area in pristino entro quindici giorni da quest’ultima data.
Di tali somme è fatto salvo il recupero a carico di chi risulterà responsabile del ritardo.
E’ parte integrante del mandato conferito al Commissario ad acta l’obbligo di trasmettere alla Procura della Corte dei Conti una puntuale relazione su tutta la fattispecie e sulla spesa, al fine di consentire la doverosa verifica della eventuale sussistenza di profili di responsabilità erariale in capo agli amministratori ed ai funzionari del Comune, con speciale riferimento alle circostanze in cui è avvenuta l’adozione degli atti espropriativi poi annullati, alle circostanze ed alle ragioni della mancata esecuzione della lottizzazione con riguardo all’impianto di depurazione, alla mancata utilizzazione delle somme erogate per il relativo finanziamento, nonché ad ogni altro aspetto di interesse necessario o utile, se necessario, all’accertamento dei fattori contabili, gestionali ed organizzativi, che hanno determinato la fattispecie odierna e l’attuale inadempimento dell’obbligo di rimozione delle opere dal terreno della parte ricorrente, con le relative conseguenze anche di pagamento di somme a carico dell’Ente, ove se ne realizzeranno i presupposti.
Medesima relazione dovrà essere inoltrata anche alla Procura della Repubblica competente, per l’accertamento dell’eventuale sussistenza di responsabilità personali di amministratori, funzionari o privati relative alla mancata esecuzione della lottizzazione ed alle sue conseguenze.
Nel caso di inottemperanza totale o parziale della presente sentenza, su istanza della parte che vi abbia interesse, da notificarsi al Commissario ad acta, il Collegio riserva la sostituzione di quest’ultimo con altro funzionario.
Le spese della presente fase di giudizio possono essere compensate tra le parti, attesa la particolarità della fattispecie.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter)
definitivamente pronunciando sull’incidente di esecuzione del giudicato di cui al ricorso, come in epigrafe proposto, dispone procedersi secondo le modalità e nei termini di cui in parte motiva.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Rotondo,Presidente FF
Mariangela Caminiti,Consigliere
Salvatore Gatto Costantino,Consigliere, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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