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Emergenza rifiuti - poteri espropriativi - TAR Lazio, sez. I, sent. n. 2123 del 03.02.2015

Pubblico
Mercoledì, 11 Febbraio, 2015 - 01:00

 
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Prima), sentenza n.2123 del 3 febbraio 2015, su procedure ablative Commissario Straordinario emergenza rifiuti 
 
L'obbligo di indicare nella delibera di approvazione del progetto di opera pubblica i termini di inizio e ultimazione dei lavori e della procedura espropriativa, già prescritto dall'art. 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, è stato abolito dall'art. 13 del t.u. 8 giugno 2001 n. 327, il quale ha previsto, ma solo come facoltativa, l'indicazione del termine entro il quale deve essere emanato il decreto di esproprio ed ha stabilito che, in mancanza di detta previsione, si applica il termine massimo di cinque anni (cfr. T.a.r. Campania - Napoli, sez. V, n. 310/2010; Consiglio di Stato, Sez. IV, sent. n. 1720 del 24.3.2010).
L’attribuzione di poteri straordinari al Commissario delegato vale a giustificare la deroga anche rispetto alle norme che prescrivono la fissazione ed il rispetto di termini massimi per il compimento delle procedure ablatorie (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 giugno 2001, n. 3178). 
La straordinarietà della situazione che ha determinato il conferimento di poteri eccezionali e derogatori al Commissario delegato impone l’adozione di provvedimenti altrettanto straordinari, eccezionali ed urgenti “tali da escludere del tutto legittimamente l’applicazione della normativa ordinaria ed in particolare dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, stante la necessità di provvedere urgentemente e senza alcun indugio per evitare la compromissione di rilevantissimi interessi pubblici, quali l’igiene e la salute pubblica altrimenti esposti a nocumento gravissimo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 luglio 2003, n. 4352; idem, Sez. V, 11 marzo 2005, n. 1033)”.
 
N. 02123/2015 REG.PROV.COLL.
N. 08480/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8480 del 2006, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Como Clelia e Como Bianca, rappresentate e difese dagli avv.ti Paolo Di Martino e Giovanni Leone, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, Via Principessa Clotilde, 2; 
contro
Il Commissario del Governo per la Gestione dell’Emergenza Rifiuti in Campania, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; la Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
per l'annullamento
- del decreto di occupazione d'urgenza ed avviso di accesso ai beni immobili da occupare n. 14468/06 del 16 giugno 2006 emesso dal Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti nella regione Campania, avente ad oggetto la realizzazione degli interventi di integrazione miglioramento delle infrastrutture di collegamento con l’impianto CDR di Giugliano;
- di tutti gli atti antecedenti, presupposti, connessi consequenziali;
e sui motivi aggiunti depositati il 19 maggio 2012
per la condanna
dell’Amministrazione al pagamento dell’indennizzo per l’occupazione illegittima.
 
 
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Commissario di Governo per la Gestione dell’Emergenza Rifiuti in Campania e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2014 il dott. Vincenzo Blanda e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
FATTO
Con il provvedimento n. 14.468 del 16 giugno 2006 il Commissario di Governo per la Gestione dell’Emergenza Rifiuti in Campania ha autorizzato l’occupazione d’urgenza del terreno di proprietà delle ricorrenti, al fine di realizzare gli interventi di integrazione e miglioramento delle infrastrutture di collegamento con l’impianto CDR di Giugliano.
Avverso tale atto nonché quelli presupposti e conseguenti hanno proposto ricorso le interessate deducendo i seguenti motivi:
violazione falsa applicazione dell’articolo 5, commi 1 e 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e dell’articolo 71 della legge 25 giugno 1985, n. 2359. Incompetenza. Eccesso di potere.
Il Commissario di Governo per la Gestione dell’Emergenza Rifiuti in Campania sarebbe incompetente a disporre l’occupazione d’urgenza delle aree in questione perché il presidente del Consiglio dei Ministri non avrebbe delegato le funzioni al predetto commissario; di conseguenza l’organo competente a disporre l’occupazione di urgenza sarebbe il prefetto della provincia di Napoli;
2) violazione e falsa applicazione dell’articolo 13, comma 4, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327. Eccesso di potere per contraddittorietà manifesta.
Il provvedimento impugnato non potrebbe comunque valere quale dichiarazione di pubblica utilità, per la sua intrinseca contraddittorietà;
violazione del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327. Inesatto richiamo di normative abrogate ed incompleta e parziale descrizione delle aree da espropriare.
Il provvedimento impugnato richiamerebbe erroneamente la legge 25 giugno 1865, n. 2359 sebbene questa sia stata abrogata dal d.P.R. 327/2001;
eccesso di potere per travisamento e carente indicazione di elementi di fatto.
Il provvedimento impugnato non indicherebbe gli elementi geografici dell’area da espropriare, né le relative mappe catastali;
5) violazione degli articoli 11 e 22 bis del d.p.r. 327/2001 e degli articoli 7 e susseguenti della legge 241/1990. Eccesso di potere. Illegittimità derivata.
L’amministrazione avrebbero omesso la comunicazione di avvio del procedimento;
6) violazione e falsa applicazione dell’articolo 17 del testo unico 327 del 8 giugno 2001; violazione e falsa applicazione dell’articolo 97 della costituzione. Illegittimità derivata.
Dall’atto impugnato non emergerebbe il provvedimento da cui è sorto il vincolo preordinato all’esproprio;
7) eccesso di potere per illogicità manifesta.
Con motivi aggiunti depositati il 19 maggio 2012 le ricorrenti hanno chiesto il pagamento dell’indennizzo per l’occupazione illegittima, chiedendo al riguardo la nomina di un consulente tecnico o in alternativa la restituzione del bene.
L’Amministrazione si è costituita in giudizio per resistere al ricorso con memoria con la quale eccepisce la infondatezza del ricorso e chiede che la richiesta risarcitoria formulata con i motivi aggiunti venga respinta perché sfornita di elementi probatori.
In vista dell’udienza di merito le ricorrenti hanno depositato una memoria con la quale insistono nelle proprie richieste.
All’udienza del 9 dicembre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con il primo motivo le ricorrenti contestano il decreto di occupazione d'urgenza n. 14468/06 del 16 giugno 2006 affermando che il Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti nella regione Campania non avrebbe alcuna competenza al riguardo, non avendo ricevuto alcuna delega dal Presidente del Consiglio dei ministri.
La tesi non merita adesione.
Come eccepito dall’Amministrazione l’O.P.C.M. n. 2425 del 26.3.1996, nel definire le competenze del Commissario delegato per l’emergenza nel settore dei rifiuti nella Regione Campania, ha previsto all’art. 2, che “il Commissario delegato dispone le misure di obbligo e di divieto nonché gli interventi necessari per la realizzazione e l’attivazione degli impianti definitivi, per il recupero di materie, combustibili ed energia da rifiuti, approvando i progetti, provvedendo alle occupazioni di urgenza ed agli espropri, eseguendo le opere, acquisendo i servizi”.
Tale competenza non è venuta meno dopo l’adozione delle successive O.P.C.M. e la nomina del nuovo Commissario delegato, posto che tali ordinanze nelle premesse richiamano l’originaria ordinanza n. 2425/1996, confermando in capo al Commissario delegato i poteri e le funzioni già delegate dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
Né sussiste la dedotta violazione del d.P.R. n. 327/2001, in quanto l’art. 5 dell’O.P.C.M. n. 3345 del 30.3.2004 autorizza espressamente il Commissario delegato a derogare, tra le altre disposizioni normative, al d.P.R. n. 327/2001.
Deve essere disatteso anche il secondo mezzo, giacché al punto n. 2 di pag. 4 l’impugnato decreto n. 4468/2006 afferma espressamente che esso costituisce dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori.
In senso contrario non vale il richiamo, contenuto nelle premesse dello stesso atto impugnato, all’ordinanza commissariale 12.12.2005, n. 535 di approvazione del progetto esecutivo dell’opera, che aveva valore di dichiarazione pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dell’opera stessa.
Invero ai fini della dichiarazione di pubblica utilità deve farsi riferimento al decreto n. 4468/2006, in quanto atto successivo alla approvazione del progetto esecutivo.
Né a tal proposito assume rilievo l’omessa indicazione dei termini di inizio e fine delle procedure espropriative, in asserita violazione dell’art. 13, comma 4, del d.P.R. 327/2001: in primo luogo perché l'obbligo di indicare nella delibera di approvazione del progetto di opera pubblica i termini di inizio e ultimazione dei lavori e della procedura espropriativa, già prescritto dall'art. 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, è stato abolito dall'art. 13 del t.u. 8 giugno 2001 n. 327, il quale ha previsto, ma solo come facoltativa, l'indicazione del termine entro il quale deve essere emanato il decreto di esproprio ed ha stabilito che, in mancanza di detta previsione, si applica il termine massimo di cinque anni (cfr. T.a.r. Campania - Napoli, sez. V, n. 310/2010; Consiglio di Stato, Sez. IV, sent. n. 1720 del 24.3.2010).
In secondo luogo si osserva, sulla base di un risalente orientamento della giurisprudenza amministrativa, che l’attribuzione di poteri straordinari al Commissario delegato vale a giustificare la deroga anche rispetto alle norme che prescrivono la fissazione ed il rispetto di termini massimi per il compimento delle procedure ablatorie (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 giugno 2001, n. 3178)
In ordine alla omessa indicazione di elementi idonei ad indicare l’area oggetto della occupazione d’urgenza (quarto motivo) si ritiene che l’avversato decreto n. 4468/2006 consente di individuare le aree oggetto dell’occupazione mediante il richiamo agli estremi catastali dei terreni interessati. Circostanza che, peraltro, ha consentito alle stesse ricorrenti di percepire la lesività dell’atto avverso il quale hanno proposto il ricorso in esame.
Quanto alla violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90 (quinto motivo), non si ha ragione per discostarsi dall’orientamento della giurisprudenza amministrativa, espresso con specifico riferimento all’emergenza ambientale, secondo cui la straordinarietà della situazione che ha determinato il conferimento di poteri eccezionali e derogatori al Commissario delegato impone l’adozione di provvedimenti altrettanto straordinari, eccezionali ed urgenti “tali da escludere del tutto legittimamente l’applicazione della normativa ordinaria ed in particolare dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, stante la necessità di provvedere urgentemente e senza alcun indugio per evitare la compromissione di rilevantissimi interessi pubblici, quali l’igiene e la salute pubblica altrimenti esposti a nocumento gravissimo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 luglio 2003, n. 4352; idem, Sez. V, 11 marzo 2005, n. 1033)”.
Per le medesime ragioni deve essere considerato privo di base anche il sesto motivo.
A prescindere dalla possibilità per il Commissario delegato di derogare, tra le altre disposizioni normative, anche al d.P.R. n. 327/2001, sulla base dell’art. 5 della richiamata O.P.C.M. n. 3345 del 30.3.2004, proprio la straordinarietà della situazione che ha determinato il conferimento di poteri eccezionali e derogatori al Commissario delegato deve ritenersi tale da giustificare anche la temporanea esclusione della disciplina ordinaria invocata dalle ricorrenti, le quali lamentano di non aver ricevuto copia del provvedimento di approvazione del progetto esecutivo ai fini della dichiarazione di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 17 del d.P.R. 327/2001.
Infine, deve essere disatteso il settimo mezzo con il quale sono state ripetute le censure già esposte nel secondo, terzo e quarto motivo.
Occorre ora soffermarsi sui motivi aggiunti.
In primo luogo si osserva che nel caso di specie, l'Amministrazione ha illegittimamente continuato nell'occupazione sine titulo del terreno delle ricorrenti, le quali hanno conseguentemente chiesto il risarcimento dei danni subiti.
Tuttavia, va rilevato che nel periodo intercorso tra la presentazione del ricorso introduttivo (20 settembre 2006) e l'attuale fase processuale, sono intervenuti sia la Corte Costituzionale (che con la sentenza n. 293 dell'8.10.2010 ha espunto dall'ordinamento l'art. 43 del d.P.R. 327/2001), sia il legislatore, inserendo nel Testo Unico sulle Espropriazioni, dopo l'art. 42, l’art. 42 bis "utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico".
A seguito di tali interventi, come ormai riconosciuto dalla giurisprudenza, è venuto meno l'istituto dell'acquisizione sanante, prima riconducibile all'abrogato art. 43, e si è ormai consolidato il principio per cui la realizzazione di un'opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato non è di per se in grado di determinare il trasferimento della proprietà del bene in favore dell'Amministrazione, dovendo invece ormai affermarsi che l'irreversibile trasformazione del fondo integra un mero fatto non in grado di assurgere a titolo d'acquisto della proprietà.
D'altra parte, il diritto di proprietà non può più essere fatto oggetto di atti abdicativi, e quindi anche la richiesta di risarcimento formulata dal privato - come nel caso di specie - diretta ad ottenere il mero controvalore del fondo compromesso dall'opera pubblica, ancorché interpretata quale manifestazione della volontà di rinunciare alla proprietà del fondo, non può valere a determinare in capo al privato la perdita della proprietà del terreno illegittimamente occupato.
Non può infatti più seguirsi il principio, espresso dal giudice amministrativo prima della declaratoria di illegittimità costituzionale del citato art. 43, secondo cui in caso di occupazione c.d. usurpativa la proposizione dell'azione risarcitoria per equivalente integra un negozio abdicativo della proprietà dell'immobile occupato dalla P.A. e la rinuncia ha effetto dal momento della proposizione della domanda di risarcimento per equivalente.
Sulla base delle predette considerazioni il trasferimento della proprietà può essere rimesso solo ad un formale atto di acquisizione dell'Amministrazione, avente carattere o contrattuale o ablatorio emesso ai sensi dell'art. 42 bis del d.P.R. 327/2001 con efficacia ex nunc.
Tuttavia nel caso di specie va rilevata l'impossibilità di ordinare all'Amministrazione l'adozione di un atto formale di acquisizione, in quanto rimesso alla libera volontà delle parti, nell’ipotesi di cessione volontaria mediante atto compravendita, ovvero all'esclusiva sfera autoritativa e discrezionale della stessa per il caso previsto dall'art. 42 bis del citato T.U. 327/2001.
Tuttavia l’art. 42 bis costituisce nel caso di specie lo strumento astrattamente idoneo a risolvere le controversia derivante dall’utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico.
La norma consente, infatti, all’Amministrazione l’acquisizione, non retroattiva, a determinate condizioni, di un bene immobile, utilizzato per scopi di interesse pubblico, e modificato “in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità”, corrispondendo al proprietario “un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale”, quest'ultimo forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene.
Ora, la disposizione si riferisce tanto alle situazioni verificatesi dopo la sua entrata in vigore, quanto ai fatti anteriori (comma 8), ma presuppone comunque la mancanza di un titolo attuale che fondi il possesso.
Ad ogni modo osta, comunque, ad una pronuncia di condanna in ordine all’adozione di un atto di acquisizione l'art. 34, comma 2, c.p.a., il quale dispone che “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”.
Ne deriva che, non risultando ancora intervenuta alcuna determinazione dell'Amministrazione, sulla stessa grava l'obbligo giuridico di far venir meno l'occupazione sine titulo e di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto.
Tuttavia, ad avviso del Collegio, ferme restando le “necessarie” ulteriori determinazioni dell'Amministrazione e non essendo possibile disporre l'esecuzione in forma specifica, deve essere affrontata la questione relativa al risarcimento del danno per equivalente, secondo le seguenti precisazioni.
Per quanto concerne la perdita della disponibilità del bene immobile in questione è possibile distinguere due periodi di tempo:
il primo periodo (in cui l’area era validamente occupata per effetto dell’impugnato decreto di occupazione n. 14468/2006 con cui il commissario di Governo per l’emergenza rifiuti nella regione Campania ha dichiarato la pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere previste nel progetto riguardante le opere in esame) che è compreso tra il 17 luglio 2006 e il 16 luglio 2011 marzo 2009, corrispondente al decorso dei 5 anni dalla occupazione;
il secondo, che decorre dal 17 luglio 2011 e che risulta tuttora in corso, e cesserà solo alla data in cui sarà adottato il provvedimento di acquisizione.
Per quanto riguarda il primo intervallo, non v’è dubbio che spetta al giudice ordinario di decidere su tale richiesta di somme (come peraltro è già avvenuto con sentenza n. 3135/14 in data 8.7.2014 della Corte di Appello di Napoli, depositata dalle ricorrenti il 27.10.2014), proposta dal privato nei confronti dell’amministrazione occupante, per cui non vi è luogo a provvedere da parte di questo giudice ai sensi dell’art. 11 c.p.a.-.
Del resto, l’art. 133 c.p.a., devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie concernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario “per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”, eccezione già contenuta nell’art. 34 del d.lgs. 80/98, nonché nell’art. 53 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327. (cfr. Cass. S.U. 9 febbraio 2010, n. 2788; C.d.S., Sez. IV, 22 luglio 2010, n. 4825).
Per quanto invece concerne il secondo periodo di occupazione illegittima, la domanda di risarcimento è senza dubbio fondata.
Nell’intervallo in esame le ricorrenti hanno continuato ad essere proprietarie dell’area interessata, non essendo intervenuto il provvedimento di esproprio, né essendo sufficiente la trasformazione intervenuta per privarla del loro diritto: tuttavia ad esse è stato preclusa l’utilizzazione del bene, sebbene l’Amministrazione fosse priva di un titolo per il possesso, per questo da ritenere illegittimo.
Per quanto riguarda la misura del risarcimento, ritiene il Collegio che possa trovare applicazione l’art. 34, comma 4, c.p.a., per cui “in caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine”.
Tali criteri possono essere analogicamente ricavati, anzitutto, dall’art. 42 bis citato, il quale dispone al comma 3 che, per il periodo di occupazione senza titolo, “è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l'interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma”: e tale valore è determinato “in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità”.
Pertanto, nei novanta giorni successivi alla comunicazione della presente decisione, parte ricorrente dovrà far pervenire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile - Unità Tecnica Amministrativa ex art. 15 O.P.C.M. n. 3920/2011, subentrata al Commissario di Governo per l'Emergenza dei Rifiuti nella Regione Campania un’analitica e motivata richiesta risarcitoria, secondo i predetti parametri, per una somma pari agli interessi, calcolati sul valore venale medio del compendio occupato, per l’intervallo compreso tra il 17 luglio 2011 e la data di pubblicazione della presente decisione.
È da rilevare che tale risarcimento si riferisce all’occupazione temporanea, e non all’acquisizione della proprietà, per cui l’indennizzo da occupazione non andrà in alcun modo dedotto dalla somma calcolata.
Il debitore avrà, dal ricevimento della proposta altri novanta giorni, per presentare una controproposta.
Ove comunque le parti non giungano a un’intesa entro ulteriori sessanta giorni, potranno essere proposti i rimedi, di cui all’art. 30, comma 4, c.p.a.-.
In conclusione, il ricorso introduttivo deve essere respinto, mentre devono essere accolti i motivi aggiunti aventi ad oggetto la richiesta risarcitoria relativa al periodo d’occupazione illegittima.
Le spese di lite, attesa la reciproca parziale soccombenza e la complessità della vertenza possono essere compensate nei confronti delle parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) definitivamente pronunciando, dispone quanto segue:
- respinge il ricorso introduttivo;
- accoglie i motivi aggiunti depositati il 19 maggio 2012 nella parte che attiene alla richiesta risarcitoria relativa al periodo d’occupazione illegittima, nei termini e secondo le modalità indicate nella motivazione;
- compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Rimangono salvi gli ulteriori provvedimenti che l’Amministrazione riterrà di adottare, riconsiderando la fattispecie secondo quanto sopra illustrato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giampiero Lo Presti, Presidente
Rita Tricarico, Consigliere
Vincenzo Blanda, Consigliere, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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