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Occupazioni illegittime ed usucapione

Pubblico
Venerdì, 30 Ottobre, 2020 - 09:00

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 5430 del 11 Settembre 2020, sul superamento normativo dell’istituto dell’occupazione acquisitiva.

MASSIMA

Secondo la giurisprudenza di questa stessa Sezione (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, n.4096/2015 su ricorso n. 10128/2014; Consiglio di Stato Sezione IV sentenza n. 3346 del 2014, resa nell’ambito del ricorso 2584 del 2014; Consiglio di Stato Sezione IV sentenza n. 3988/2015 resa nell’ambito del ricorso 7608 del 2014; Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza n. 5410/2015 resa nell’ambito del ricorso 1498 del 2014), sono già state compiutamente esposte le motivazioni che non consentono di condividere la tesi della predicabilità sistematica di una “usucapione pubblica” che si innesti su un procedimento espropriativo.

Anche in conseguenza degli approdi a cui è pervenuta la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (ex multis sentenze CEDU Belvedere Alberghiera s.r.l. c. Italia 30 maggio 2000, n. 31524/96; Sciarrotta c. Italia 12 gennaio 2006, n. 14793/02; Guiso-Gallisay c. Italia, 22 dicembre 2009, n. 58858/00; Soc. Immobiliare Podere Trieste c. Italia, 23 ottobre 2012, n. 19041/2004; Rolim Commercial S.A. c. Portogallo, 16 aprile 2013, n. 16153/2009), il Legislatore statale è intervenuto e, in virtù del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, è stato sancito il superamento normativo dell’istituto dell’occupazione acquisitiva.

Infatti, per tutte le occupazioni antecedenti alla entrata in vigore del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, il tempo durante il quale l’Amministrazione ha esercitato un potere materiale sul bene occupato (ed eventualmente, medio tempore, trasformato) in epoca precedente alla entrata in vigore del citato d.P.R., non vale ai fini del computo del termine per la maturazione della usucapione dell’area.

Ciò per una ragione dirimente: se è vero che l’istituto dell’usucapione risponde ad una esigenza di certezza giuridica, “premia” il possesso ininterrotto dell’area e “sanziona” l’inerzia del proprietario dell’area medesima, il quale non ha esercitato le condotte materiali e/o le iniziative giuridiche che dimostrano il suo interesse a mantenerne la titolarità, è evidente che tale istituto può operare soltanto nei casi in cui il privato possa esercitare i diritti posti a presidio della propria posizione. E’ questo, un principio logico che nel sistema giuridico italiano trova espresso conforto normativo sub art. 2935 c.c. “la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”.

Pertanto, il torno di tempo antecedente alla entrata in vigore nel sistema del d.P.R. n. 327/2001 non è computabile per far ritenere prescritta l’azione di rivendica e, quindi, per ritenere maturata l’usucapione ascrivibile al permanente possesso dell’area in capo all’Amministrazione.

SENTENZA

N. 05430/2020REG.PROV.COLL.

N. 08561/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8561 del 2014, proposto OMISSISrappresentati e difesi dall'avvocato Gaetano Prencipe, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Michele Clemente in Roma, vicolo Orbetelli n. 31;

contro

Il Comune di Manfredonia, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (sezione terza) n. 265 del 19 febbraio 2014.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2020 – svoltasi in video-conferenza ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, d.l. n. 18 del 2020, convertito con l. n. 27 del 2020 - il consigliere Emanuela Loria;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO

1. Il contenzioso in esame concerne una vicenda di occupazione di un suolo di proprietà di plurimi soggetti privati nell’ambito di un procedimento espropriativo intrapreso per la realizzazione di un campo di calcio rionale.

Si tratta dei terreni siti nel Comune di Manfredonia al foglio 143/F, particella 6936 (originaria particella 4065), di proprietà degli attuali ricorrenti.

1.1. Nell’anno 1978, l’ente locale aveva deliberato l’individuazione di alcune aree per la realizzazione di un campo di calcio rionale.

1.2. Nel corso del procedimento, il Comune, con decreto n. 16 del 19 febbraio 1979 prot. n. 7514, ha disposto l’occupazione d’urgenza dell’area per la durata di cinque anni; con provvedimento del 5 ottobre 1979 prot. n. 38323/1^ ha decretato l’immissione in possesso dell’area.

1.3. La delibera di esproprio, tuttavia, non risulta essere stata emanata nei cinque anni fissati nel decreto di occupazione d’urgenza, né successivamente.

1.4. Con note indirizzate al Comune di Manfredonia, rispettivamente il 28 aprile 2006, il 3 aprile 2009 e il 25 agosto 2009, gli eredi Coppolecchia e il signor Tomaiuolo, chiedevano che venisse definita la complessiva vicenda espropriativa, anche attraverso il riconoscimento di diritti edificatori su altre aree per una volumetria equivalente a quella di pertinenza delle aree occupate sine titulo.

2. Con ricorso al T.a.r. per la Puglia (sede di Bari), gli interessati hanno agito per l’accertamento della occupazione senza titolo del Comune di Manfredonia dei terreni di cui foglio 143/F, particella 6936 e la condanna del Comune medesimo e dei suoi aventi causa a rilasciare l’area in favore dei ricorrenti, previa rimozione di tutte le opere e gli interventi eseguiti, oltre all’indennizzo dovuto per la illegittima occupazione, ovvero, in via subordinata, per la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali in favore dei ricorrenti in ragione delle rispettive quote, oltre alla svalutazione e agli interessi legali sulla somma rivalutata fino al soddisfo e al risarcimento dei danni non patrimoniali nella misura del 10% del valore venale del bene ai sensi dell’art. 42 bis del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327.

2.1. Segnatamente, i ricorrenti hanno lamentato la illegittimità del comportamento tenuto dall’ente locale in relazione all’occupazione senza titolo dell’area di loro proprietà, qualificando detto comportamento quale “illecito permanente” in quanto il Comune, pur avendo emesso originariamente una valida dichiarazione di pubblica utilità e un legittimo decreto di occupazione d’urgenza in data 19 febbraio 1979, non ha mai emanato il decreto definitivo di esproprio.

Pur beneficiando della proroga di due anni prevista dall’art. 5 della legge 20 luglio 1980 n. 385 e dall’art. 5 bis della l. 1 marzo 1985 n. 42, a far data dal 31 ottobre 1986 il comportamento del Comune avrebbe assunto le caratteristiche dell’illecito permanente.

Peraltro, il Comune ha realizzato soltanto in parte l’opera inizialmente programmata, senza alcun tipo di opere murarie se non quelle funzionali alla recinzione e alla sistemazione del terreno, per cui verrebbe meno l’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera originariamente prevista.

2.2. I ricorrenti, in relazione alla quantificazione del risarcimento del danno, hanno richiamato l’art. 42 bis del d.P.R. 380 del 2001, per cui partendo dal valore venale del bene, l’interesse corrispondente al danno andrebbe liquidato nella misura del 5% annuo sui predetti importi, oltre rivalutazione e interessi legali sulla somma rivalutata, quantificato in euro 515.239,73.

Inoltre, nell’ipotesi di accertamento dell’intervenuta acquisizione della proprietà dell’area da parte del Comune, hanno chiesto la condanna al danno patrimoniale subito per la perdita dei terreni illegittimamente espropriati, per la loro illegittima occupazione, oltre alla rivalutazione e agli interessi maturati.

In particolare, con riferimento al danno patrimoniale subito, quest’ultimo dovrebbe essere quantificato in euro 407.954,00 da suddividere in ragione delle rispettive quote, oltre alla svalutazione e agli interessi sulla somma rivalutata.

Hanno altresì richiesto il pagamento per la illecita occupazione del terreno, quantificato in euro 515.239,73, da suddividersi pro quota, comprensivo dell’aumento per la intervenuta svalutazione ed interessi legali sulla somma rivalutata e, per il danno non patrimoniale, la somma di euro 40.786,00, pari al 10% del valore venale del bene, quantificato ai sensi e per gli effetti del comma 1 dell’art. 42 bis d.P.R. n. 380 del 2001.

3. Con la sentenza impugnata il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia – sede di Bari - ha statuito:

- che l’occupazione d’urgenza è scaduta il 31 ottobre 1986;

- che la nota del 28 aprile 2006 non può essere considerata un atto interruttivo del termine prescrizionale, non essendo stata, a mezzo di essa, richiesta la restituzione del bene, ma soltanto il pagamento dell’indennità di esproprio o in alternativa il risarcimento del danno, e non avendo l’atto in questione natura processuale;

- l’accertamento dell’eccepito acquisto per usucapione da parte del Comune di Manfredonia della proprietà dell’area in questione determinava, quindi, l’estinzione dei diritti azionati dagli originari ricorrenti (l’invocata tutela reale e obbligatoria) e faceva venir meno ab origine l’elemento costitutivo della fattispecie risarcitoria, consistente nell’illiceità della condotta lesiva della situazione giuridica soggettiva dedotta;

- la reiezione del ricorso, in accoglimento dell’eccezione sollevata dalla difesa comunale, con la quale è stata fatta valere l’intervenuta usucapione a vantaggio del Comune per decorso del termine ventennale dalla scadenza del termine di occupazione d’urgenza;

- la compensazione delle spese del giudizio.

4. I ricorrenti hanno proposto appello avverso la sentenza di primo grado.

4.1. Con un unico articolato motivo d’appello, gli istanti si dolgono della “Violazione falsa applicazione di legge; Violazione dei principi contenuti nel protocollo addizionale CEDU (art. 1); Eccesso di potere; Ingiustizia manifesta” giacché secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato “è assai discutibile la teorizzata usucapibilità di beni illecitamente occupati dall’Amministrazione: e ciò sia alla luce dell’ampia nozione di violenza del possesso elaborata dalla giurisprudenza (…) laddove si è sostenuta la presunzione di volontà contraria del possessore ove manchi la prova di una manifestazione univoca di consenso, quanto soprattutto in relazione alla assai dubbia compatibilità con l’art. 1 del Protocollo Addizionale della CEDU ( sez. IV, n. 3346 del 2014).”.

Inoltre, anche la disciplina sopranazionale contenuta nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, pur non avendo assunto forza di diritto comunitario, bensì di norma costituzionale interposta ai sensi dell’art. 117, comma 1, Cost., impone comunque al giudice l’interpretazione delle norme interne primarie conformemente alla CEDU, quale parametro di legittimità costituzionale interposto.

Pertanto, nella materia in esame, l’applicazione dell’istituto dell’usucapione dovrebbe essere interpretato in modo costituzionalmente orientato, il che imporrebbe che il dies a quo, ai sensi dell’art. 2935 c.c., sia individuato nella data di entrata in vigore del d.P.R. n. 380 del 2001 e non dalla data di scadenza dell’occupazione legittima, come erroneamente ritenuto dal giudice di prime cure.

4.2. Alla luce di tale ricostruzione, gli appellanti hanno chiesto che sia accertata l’illegittimità del comportamento del Comune con il consequenziale diritto ad ottenere la restituzione dei beni, previa rimessione in pristino, oltre al pagamento dell’indennità per l’illecita occupazione e al risarcimento dei danni subiti, facendo applicazione dell’art. 42 bis del d.P.R. n. 380 del 2001, secondo la quantificazione più sopra specificata.

4.3. In ogni caso e anche nell’ipotesi in cui si accerti l’intervenuta acquisizione della proprietà da parte del Comune intimato, gli istanti chiedono la condanna del Comune al risarcimento dei danni subiti per la perdita dei terreni illegittimamente espropriati, per la loro illegittima occupazione, oltre alla rivalutazione e agli interessi maturati.

In particolare, con riferimento al danno patrimoniale subito, quest’ultimo è quantificato in euro 407.594,00.

4.4. Chiedono, altresì, in ragione delle rispettive quote, il pagamento dell’indennità per la illecita occupazione del terreno, che quantificano in euro 515.239,73 comprensiva dell’aumento per la intervenuta svalutazione ed interessi legali sulla somma rivalutata.

4.5. Quale posta di danno non patrimoniale subito per la perdita del terreno, chiedono la somma di euro 40.786,00, pari al 10% del valore venale del bene, quantificato ai sensi dell’art. 42 bis del d.P.R. n. 380 del 2001.

5. Il Comune di Manfredonia non si è costituito in giudizio.

6. In data 5 giugno 2020 i ricorrenti hanno depositato brevi note ai sensi dell’art.84 d.l. n.18 del 2020, ribadendo la propria prospettazione dei fatti di causa e le richieste già formulate con l’atto di appello.

7. All’udienza del giorno 11 giugno 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

7.1. L’appello è fondato e va accolto, nei termini di cui alla motivazione che segue: in riforma della sentenza di primo grado, quindi, il ricorso di primo grado va accolto, nei termini precisati nella parte motiva della presente decisione.

7.1. In particolare, il Collegio, richiamando plurime sentenze di questa stessa Sezione (Consiglio di Stato, Sezione IV, n.4096/2015 su ricorso n. 10128/2014; Consiglio di Stato Sezione IV sentenza n. 3346 del 2014, resa nell’ambito del ricorso 2584 del 2014; Consiglio di Stato Sezione IV sentenza n. 3988/2015 resa nell’ambito del ricorso 7608 del 2014; Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza n. 5410/2015 resa nell’ambito del ricorso 1498 del 2014), nelle quali sono già state compiutamente esposte le motivazioni che non consentono di condividere la tesi della predicabilità sistematica di una “usucapione pubblica” che si innesti su un procedimento espropriativo, osserva che nelle menzionate decisioni è stato chiarito che comunque – a tutto concedere – in astratto una problematica di vaglio in ordine alla usucapibilità di beni appresi mercè l’occupazione dell’area innervata su un procedimento espropriativo non regolarmente conclusosi (ad esempio, come nel caso all’esame, per omessa emissione di un tempesti vo decreto di esproprio) potrebbe porsi laddove l’Amministrazione abbia posseduto ininterrottamente detto compendio immobiliare per il torno di tempo prescritto dal codice civile individuandosi quale dies a quo quello dell’entrata in vigore del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, il cui art. 43 ha sancito il superamento normativo dell’istituto dell’occupazione acquisitiva che costituiva una vera e propria fattispecie ablatoria seppure atipica.

7.2. Invero sino alla data di entrata in vigore del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327–come è noto – costituiva approdo consolidato in giurisprudenza quello per cui la trasformazione dell’area implicasse acquisto automatico della proprietà (appunto per accessione invertita, ex art. 938 c.c.) in capo all’Amministrazione del suolo sul quale l’opera pubblica era sorta.

Il privato spossessato, quindi, non avrebbe potuto validamente esercitare alcuna opzione reintegratoria specifica, e non avrebbe potuto conseguire la restituzione dell’area, in quanto già passata in proprietà dell’Amministrazione.

7.3. Anche in conseguenza degli approdi a cui è pervenuta la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (ex multis sentenze CEDU Belvedere Alberghiera s.r.l. c. Italia 30 maggio 2000, n. 31524/96; Sciarrotta c. Italia 12 gennaio 2006, n. 14793/02; Guiso-Gallisay c. Italia, 22 dicembre 2009, n. 58858/00; Soc. Immobiliare Podere Trieste c. Italia, 23 ottobre 2012, n. 19041/2004; Rolim Commercial S.A. c. Portogallo, 16 aprile 2013, n. 16153/2009), il Legislatore statale è intervenuto e, in virtù del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, è stato sancito il superamento normativo dell’istituto dell’occupazione acquisitiva.

7.4. Da tale ricostruzione il Collegio non ha motivo per discostarsi.

7.5. Ciò implica, in primo luogo, che per tutte le occupazioni antecedenti alla entrata in vigore del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, il tempo durante il quale l’Amministrazione ha esercitato un potere materiale sul bene occupato (ed eventualmente, medio tempore, trasformato) in epoca precedente alla entrata in vigore del citato d.P.R., non vale ai fini del computo del termine per la maturazione della usucapione dell’area.

Ciò per una ragione dirimente: se è vero che l’istituto dell’usucapione risponde ad una esigenza di certezza giuridica, “premia” il possesso ininterrotto dell’area e “sanziona” l’inerzia del proprietario dell’area medesima, il quale non ha esercitato le condotte materiali e/o le iniziative giuridiche che dimostrano il suo interesse a mantenerne la titolarità, è evidente che tale istituto può operare soltanto nei casi in cui il privato possa esercitare i diritti posti a presidio della propria posizione.

E’ questo, un principio logico, oltre che di civiltà giuridica, che nel sistema giuridico italiano trova espresso conforto normativo sub art. 2935 c.c. “la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”.

Posto che, antecedentemente alla entrata in vigore del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, il privato proprietario non avrebbe potuto fare valere il proprio diritto alla restituzione, è del tutto logico che il tempo decorso (durante il quale l’Amministrazione ha, anche ininterrottamente detenuto il bene) prima di tale data non si computi ai fini della maturata usucapione.

7.6. Tanto basta, con portata dirimente, ad accogliere l’appello.

7.7. Invero il T.a.r. ha:

- condivisibilmente stabilito che il tempo necessario ad usucapire il bene fosse quello ordinario ventennale;

- ha ritenuto che detto termine fosse maturato, computando ai fini del raggiungimento dell’arco temporale ventennale il torno di tempo antecedente al 2001 (l’occupazione era divenuta illegittima in data 31 ottobre 1986);

- ha ritenuto che il detto termine prescrizionale non sia stato validamente interrotto dalla nota del legale della dante causa di uno degli appellanti datata 28 aprile 2006, poiché quest’ultima non costituisce un atto di natura giudiziale/processuale di instaurazione del giudizio e poichè a mezzo di essa non è stata chiesta la restituzione del bene, ma soltanto il pagamento dell’indennità di esproprio o il risarcimento del danno.

7.8. Ciò, per le già chiarite ragioni, non è condivisibile:

- il “diritto vivente” antecedente alla entrata in vigore nel sistema del d.P.R. n. 327/2001, non consentiva l’esperimento dell’azione restitutoria/reintegratoria del suolo;

- parte appellante non avrebbe quindi potuto proporre la relativa domanda;

- opera il principio sopra richiamato e sancito dall’art. 2935 c.c. (contra non valentem agere non currit praescriptio);

- il torno di tempo antecedente alla entrata in vigore nel sistema del d.P.R. n. 327/2001 non è quindi computabile per far ritenere prescritta l’azione di rivendica e, quindi, per ritenere maturata l’usucapione ascrivibile al permanente possesso dell’area in capo all’Amministrazione;

- non rileva, in ogni caso, la questione in ordine al se la citata nota del 28 aprile 2006 indirizzata al Comune di Manfredonia (all. n. 15 fascicolo di primo grado) valga ad interrompere l’inerzia del privato giacché, per quanto più sopra argomentato, lo sbarramento temporale per ravvisare l’usucapione è quello dell’entrata in vigore del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327;

- in ogni caso, dalle domande contenute nella nota del 28 aprile 2006 non è possibile inferire alcuna volontà di abdicare al diritto di proprietà da parte dei proprietari delle aree in questione, per tutte le considerazioni e motivazioni svolte dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato del 20 gennaio 2020 n. 4, in particolare al § 16 in tema di rinuncia abdicativa e di valenza della domanda di risarcimento del danno sotto tale profilo (par. 16.3.1. e 16.3.2).

8. L’appello va quindi accolto e la sentenza di prime cure deve essere riformata.

9. Passando ad esaminare le conseguenze dell’accoglimento dell’appello e posto che l’Amministrazione né ha restituito il bene né lo ha acquistato né ha emesso il provvedimento ai sensi dell’art. 42 bis del T.U. espropriazioni, mentre è accertata l’illegittimità del procedimento espropriativo, ne discende che l’Amministrazione può avvalersi in via postuma dello strumento acquisitivo della proprietà di cui all’art. 42 bis d.P.R. n. 327/01, corrispondendo il valore venale del bene.

9.1. Nell’ipotesi in cui l’Amministrazione non opti per la soluzione testè indicata dovrà restituire l’area, previa remissione in pristino della stessa a propria cura e spese, corrispondendo le somme per la illegittima occupazione.

9.2. Entro sessanta giorni decorrenti dalla data di pubblicazione/notificazione della presente sentenza, l’Amministrazione dovrà avviare l’uno o l’altro procedimento indicati ai punti che precedono.

La giuridica regolarizzazione della fattispecie mediante l’immediata restituzione dei beni (previa integrale riduzione in pristino) ovvero attivandosi per il legittimo acquisto della proprietà dell'area assume carattere prioritario rispetto ad ogni valutazione circa l’an e il quantum della spettanza di somme a titolo di illegittima occupazione e/o di risarcimento dei danni (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3880 del 2020), discendenti dalla scelta che effettuerà l’Amministrazione.

10. Conclusivamente pronunciando, quindi, in accoglimento dell’appello, la sentenza resa in primo grado va annullata e il ricorso di primo grado va accolto nei termini di cui alla motivazione che precede.

11. Alla soccombenza consegue la condanna dell’amministrazione appellata al pagamento delle spese processuali del doppio grado, in favore dell’appellante, spese che appare equo quantificare, a cagione della particolarità e complessità della controversia in euro cinquemila complessivi (euro 5.000/00) oltre oneri accessori, se dovuti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza del T.a.r. per la Puglia, sede di Bari, sezione terza, n. 265 del 19 febbraio 2014, dispone che il Comune appellato debba pronunciarsi sul se acquisire l’area in questione ai sensi dell’art. 42 bis del testo unico sugli espropri.

Condanna il Comune di Manfredonia al pagamento, in favore degli appellanti, delle spese processuali del doppio grado di giudizio liquidate in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso dal Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2020 – svoltasi in video-conferenza ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, d.l. n. 18 del 2020, convertito con l. n. 27 del 2020 - con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Luca Lamberti, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Emanuela Loria

Luigi Maruotti

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

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  2. avviare contatti telefonici e/o via email finalizzati alla eventuale conclusione di rapporti contrattuali e/o collaborativi con l'azienda Diritto Amministrazioni s.r.l.s. nell'ambito dei servizi da questa offerti e per i quali è stata contattata tramite telefono, email e finalità strettamente connesse e strumentali alla gestione del suddetto rapporto (ad es. acquisizione di informazioni precontrattuali per dare esecuzione ai servizi richiesti).
  3. concludere contratti per i Servizi del Titolare ed offrire servizi informativi e divulgativi in materia giuridica agli utenti iscritti sul sito web dirittoamministrazioni.it; tramite registrazione al sito web dirittoamministrazioni.it o iscrizione online alla newsletter;
  4. adempiere agli obblighi precontrattuali, contrattuali e fiscali derivanti da rapporti con Lei in essere;
  5. visionare curriculum vitae spontaneamente inviati al fine di selezionare, in caso di posizioni aperte, eventuali figure professionali per l'avvio di rapporti di lavoro e/o collaborazioni;
  6. adempiere agli obblighi previsti dalla legge, da un regolamento, dalla normativa comunitaria o da un ordine delle Autorità (come, ad esempio, in materia di antiriciclaggio) o Organi di vigilanza;
  7. esercitare i diritti del Titolare, ad esempio, i diritto di difesa in giudizio.

Il conferimento dei dati per le finalità di cui alla lettera A) è obbligatorio per usufruire dei servizi del Titolare e trova le sue basi legali di trattamento, per i punti da I a VII, nella gestione dei rapporti contrattuali o precontrattuali o nella gestione di obblighi di natura legale.

B) Solo previo Suo specifico e distinto consenso, per le seguenti Finalità di Marketing:

  1. marketing diretto: inviarLe, via email, posta e/o sms e/o contatti telefonici, comunicazioni commerciali, auguri in occasione di ricorrenze e/o materiale promozionale sui servizi offerti dal Titolare.

Il conferimento dei dati per le finalità di cui alla lettera B) non è obbligatorio per usufruire dei servizi del Titolare e trova la sua base legale di trattamento nel consenso libero ed informato conferito dall'interessato.

3. MODALITA' DEL TRATTAMENTO

Il trattamento dei Suoi dati personali è realizzato per mezzo delle seguenti operazioni: raccolta, registrazione, organizzazione, conservazione, consultazione, elaborazione, modificazione, selezione, estrazione, raffronto, utilizzo, interconnessione, blocco, comunicazione, cancellazione e distruzione.
In relazione alle indicate finalità, i dati da Lei forniti per mezzo di supporti cartacei e/o telefonicamente e/o telematicamente (anche mediante la compilazione dei moduli/webform predisposte online), saranno oggetto di trattamento sia cartaceo che elettronico e/o automatizzato. Il trattamento dei dati avverrà sempre in modo da garantirne la sicurezza logica e fisica e la riservatezza.
I dati potranno essere trattati solo da operatori autorizzati, precedentemente nominati in qualità di incaricati al trattamento, che vengono periodicamente aggiornati sulle regole della privacy e sensibilizzati al rispetto e alla tutela della dignità e della riservatezza dell'utente.

4. DURATA DEL TRATTAMENTO

I dati personali raccolti in occasione della stipula di contratti o l'avvio di rapporti di servizio con i clienti, saranno conservati per il tempo necessario per adempiere le finalità relative e, comunque, per un tempo non superiore alle tempistiche connesse agli obblighi legali di conservazione delle scritture contabili (attualmente stabiliti in n. 10 anni).
I dati personali raccolti per finalità di marketing diretto, saranno trattati per non oltre 2 anni dalla raccolta.
I dati personali raccolti e trattati ai fini di elaborare preventivi, offerte o proposte commerciali che non abbiano condotto all'instaurazione di un rapporto contrattuale o di servizio, saranno conservati per un periodo max di 12 mesi dall'invio dell'ultima proposta o revisione dell'offerta.
I curriculum vitae ricevuti, via posta o via email, sono conservati solo per il tempo strettamente necessario all'espletazione delle eventuali procedure di selezione. I CV spontaneamente ricevuti in periodi nei quali non sono aperte procedure di selezione, non verranno ne' visionati, ne' archiviati, ne' conservati in alcun modo ma cancellati o distrutti immediatamente dopo la loro ricezione.
Come riportato dall’Informativa Privacy di Aruba S.p.A., provider del sito web dirittoamministrazioni.it, La informiamo che i dati acquisiti dai sistemi informatici preposti al funzionamento del sito web suddetto “saranno conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'Interessato per un arco di tempo non superiore a quello necessario al conseguimento delle finalità per le quali sono stati raccolti tenendo in considerazione le leggi applicabili alle attività e ai settori in cui il Titolare opera. I Dati necessari per assolvere ad obblighi fiscali e contabili sono conservati per 10 anni dal termine del rapporto contrattuale (art. 2220 c.c.). I Dati relativi alle richieste di ordini non pagati o annullati o non conclusi sono conservati per 3 mesi. In caso di Servizi di Posta o Connettività i dati di traffico telematico sono conservati per 6 anni. Decorsi i termini così stabiliti, i Dati sono cancellati o trasformati in forma anonima, salvo che la loro ulteriore conservazione sia necessaria per assolvere ad obblighi di legge o per adempiere ad ordini impartiti da Pubbliche Autorità e/o Organismi di Vigilanza.” (Fonte: www.aruba.it/documents/tc-files/it/11_it_privacy_policy_aruba_spa.aspx).
Come riportato dall’Informativa Privacy della società “Brevo SAS”, provider del servizio di newsletter presente sul sito web dirittoamministrazioni.it, La informiamo, che “i dati personali raccolti da Brevo riguardanti le informazioni di identità e contatto dei suoi Utenti sono archiviati per un periodo massimo di due anni dopo la cessazione del rapporto contrattuale per i clienti Utenti, o dopo la loro raccolta da parte del responsabile del trattamento o dall’ultimo contatto dell’Utente prospect per i dati relativi a questi ultimi. La cessazione del rapporto contrattuale si intende come la risoluzione espressa da parte dell’Utente o il non utilizzo del servizio Brevo per un periodo di cinque anni.” (Fonte: https://www.brevo.com/it/legal/privacypolicy).

5. ACCESSO AI DATI

I Suoi dati potranno essere resi accessibili, per le finalità di cui all'art. 2, anche a società terze o altri soggetti che svolgono attività in outsourcing per conto del Titolare (a titolo indicativo, studi professionali, consulenti, ecc.), nella loro qualità di responsabili esterni del trattamento con i quali il Titolare conferma di aver stipulato apposito contratti che regolamentano l’utilizzo, la protezione e la riservatezza dei dati personali trasferiti.

6. COMUNICAZIONE E TRASFERIMENTO DEI DATI

I Suoi dati non saranno oggetto di diffusione. 
Senza la necessità di un espresso consenso (ex art. 6 lett. b) e c) GDPR), il Titolare potrà comunicare i Suoi dati per le finalità di cui all’art. 2. A) a Organismi di Vigilanza, Autorità giudiziarie, nonché, a quei soggetti ai quali la comunicazione sia obbligatoria per legge per l’espletamento delle finalità dette.
I dati personali sono conservati su supporti cartacei e/o elettronici presso la sede del Titolare situata in Rieti, Via Strampelli, 4.
I dati tecnici raccolti attraverso il sito web dirittoamministrazioni.it, sono conservati, presso i server collocati su territorio europeo del registrar Aruba S.p.A. che garantisce l’adozione di adeguate misure di protezione tecniche ed organizzative sulla base di quanto previsto dal Reg. EU 679/16.
I dati tecnici raccolti attraverso ile servizio di newsletter sono conservati, presso i server collocati su territorio europeo del provider Brevo SAS che garantisce l’adozione di adeguate misure di protezione tecniche ed organizzative sulla base di quanto previsto dal Reg. EU 679/16.
La società Diritto Amministrazioni s.r.l.s. non trasferisce dati personali in Paesi extra-UE.

7. NATURA DEL CONFERIMENTO DEI DATI E CONSEGUENZE DEL RIFIUTO A RISPONDERE

Il conferimento dei dati per le finalità di servizio di cui all'art. 2. A) è obbligatorio. In loro assenza, non potremo garantirLe i Servizi dell'azienda.

Il conferimento dei dati per le finalità di marketing diretto di cui all'art. 2. B) è, invece, facoltativo. 
Può, pertanto, decidere di non conferire alcun dato o di negare, successivamente, la possibilità di trattare dati già forniti, nel qual caso, non potrà ricevere newsletter, comunicazioni commerciali e materiale pubblicitario inerente ai Servizi offerti dal Titolare. Continuerà, comunque, ad avere diritto ai servizi offerti dall'azienda.

8. DIRITTI DELL'INTERESSATO

Nella sua qualità di interessato, la informiamo che ha i diritti di cui agli art. 15 GDPR e, precisamente, i diritti di:

  • ottenere la conferma dell'esistenza o meno di dati personali che La riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile;
  • ottenere l'indicazione: a) dell'origine dei dati personali; b) delle finalità e modalità del trattamento; c) della logica applicata in caso di trattamento effettuato con l'ausilio di strumenti elettronici; d) degli estremi identificativi del titolare e degli eventuali responsabili;
  • ottenere: a) l'aggiornamento, la limitazione, la rettificazione, ovvero, quando vi ha interesse, l'integrazione dei dati; b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati; c) l’attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato;
  • ricevere, in un formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico, i dati personali che la riguardano e di trasmettere tali dati a un altro titolare del trattamento senza impedimenti, qualora: a) il trattamento si basi sul consenso o su un contratto; b) il trattamento sia effettuato con mezzi automatizzati; c) sia tecnicamente fattibile;
  • opporsi, in tutto o in parte: a) per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che La riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta; b) al trattamento di dati personali che La riguardano a fini di invio di materiale diverso da quanto necessario per l’espletamento del servizio (es. pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale, mediante l’uso di sistemi automatizzati di chiamata senza l’intervento di un operatore mediante e-mail e/o mediante modalità di marketing tradizionali mediante telefono e/o posta cartacea);
  • proporre un reclamo al Garante per la protezione dei dati personali.

9. MODALITA' DI ESERCIZIO DEI DIRITTI

Per esercitare i suoi diritti, inviando:

  • una raccomandata A/R all'indirizzo Via Strampelli, 4 - 02100 Rieti;
  • una email all'indirizzo email info@dirittoamministrazioni.it o alla casella PEC: dirittoamministrazioni@pec.it.

Se ha domande o desidera semplicemente avere maggiori informazioni sul trattamento dei suoi dati personali, può inviare una e-mail all’indirizzo info@dirittoamministrazioni.it.
Prima che la Diritto Amministrazioni s.r.l.s. possa fornirvi o modificare qualsiasi informazione, potrebbe essere necessario verificare la vostra identità e rispondere ad alcune domande. Una risposta sarà fornita al più presto e, comunque, non oltre 30gg dalla sua ricezione.

10. TITOLARE, RESPONSABILI DEL TRATTAMENTO

Il Titolare del Trattamento è la Diritto Amministrazioni s.r.l.s., con sede in Via Strampelli, 4 - 02100 Rieti, P.IVA/C.F.: 01213970575. L'elenco aggiornato degli eventuali responsabili e incaricati al trattamento è custodito presso la sede legale del Titolare del trattamento. Per conoscere la lista aggiornata, è possibile inviare, in qualunque momento, un’email alla casella info@dirittoamministrazioni.it.